Salvini dopo la telefonata con Vance: "Frizioni? Siamo su scherzi a parte"

La telefonata con J. D. Vance e la contrarietà rispetto alle ipotesi di riarmo. Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini torna a parlare di tutto questo durante il videocollegamento alla scuola di formazione della Lega a Roma. A proposito del colloquio con il numero due dell’amministrazione americana, Salvini critica alcune ricostruzioni apparse sui quotidiani: «I giornali di oggi: ‘Salvini chiama Vance perché c’è una guerra con la Meloni a chi far più telefonate negli Stati Uniti’. (Liberoquotidiano.it)
Ne parlano anche altre testate
– Matteo Salvini dice che non è vero niente, che lui non ci pensa neanche a fare ostruzionismo alla linea del governo sui rapporti con gli Stati Uniti, sulla guerra in Ucraina scatenata dalla Russia, eccetera eccetera. (QUOTIDIANO NAZIONALE)
La diplomazia «parallela» e le relazioni di Matteo Salvini. Il vicepremier leghista alza le sopracciglia quando gli si fa notare — come ha fatto anche sabato Antonio Tajani — che spesso i suoi interventi in campo internazionale sembrano debordare nei ruoli della premier Giorgia Meloni o del ministro degli Esteri. (Corriere della Sera)
Perché siamo leali, ma sui nostri principi nessun cedimento». Antonio Tajani non alza la voce perché non è sua abitudine, ma è fermissimo nel rimarcare il posizionamento del suo partito in una fase in cui le divisioni nella maggioranza sulla politica estera ed europea sono ben visibili. (Corriere Roma)
C’è una sinistra in pena per Giorgia, che si mette nei suoi panni e soffre e s’indigna nei confronti di Salvini, il quale la molesta ogni qualvolta ne ha l’occasione sull’America, sulla Russia, sull’Europa, sull’Ucraina, su Starlink, sul ReArm e giù giù a scendere fino alle rottamazioni per gli evasori incalliti. (L'HuffPost)
La smentita arriva dal leader della Lega. La telefonata tra Matteo Salvini e il vicepresidente Usa Vance non avrebbe creato nessun attrito con Giorgia Meloni. (Corriere della Sera)
Non con Putin, non con Bruxelles e neppure con Macron, ma con il suo vicepremier Matteo Salvini. Perché Meloni lo ha detto chiaro ai suoi fedelissimi e il messaggio è già rimbalzato nelle redazioni: «Se dopo il congresso della Lega del 6 aprile non la smette, gli svuoto il partito». (LaC news24)