La profonda crisi dei negozi di vicinato: numeri impietosi e desertificazione commerciale

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ECONOMIA

I numeri, impietosi, parlano chiaro: la crisi dei negozi di vicinato ha raggiunto livelli allarmanti, con una desertificazione commerciale che abbraccia l’intero territorio nazionale. Secondo i dati diffusi da Confcommercio, tra il 2012 e il 2024 sono scomparsi quasi 118mila negozi al dettaglio, con un calo del 21,4%, e 23mila attività di commercio ambulante, pari a un -24,4%. Un fenomeno che, se da un lato ha colpito duramente il settore del retail, dall’altro ha visto una crescita significativa delle attività legate all’alloggio e alla ristorazione, aumentate di 18.500 unità.

La situazione appare particolarmente critica in alcune città, dove il tasso di chiusura supera la media nazionale. Foggia, ad esempio, registra un -25,5% di esercizi commerciali, seguita da Brindisi (-23%), Taranto (-22,8%), Bari (-21%) e Trani (-20,9%). Barletta, con un -15,1%, e Andria, con numeri leggermente più contenuti, completano il quadro pugliese. Ma non è solo il Sud a soffrire: Genova, tra le città più a rischio desertificazione commerciale, ha visto un calo del 20% nel commercio di vicinato, posizionandosi tra i 21 comuni italiani con il maggior rischio di abbandono delle attività tradizionali.

Proprio a Genova, Confedilizia ha lanciato un appello affinché l’amministrazione estenda la cedolare secca anche alle locazioni non abitative, nella speranza di arginare il fenomeno. Una proposta che, se applicata, potrebbe rappresentare un primo passo per ridare ossigeno a un settore in affanno.

La Sardegna, dal canto suo, non è immune da questa tendenza. Centinaia di piccoli imprenditori hanno dovuto chiudere i battenti negli ultimi anni, con un impatto significativo sull’economia locale. I dati, diffusi da Confcommercio in collaborazione con il Centro “Guglielmo Tagliacarne”, mostrano un quadro preoccupante, che riflette una dinamica ormai consolidata in molte regioni italiane.

Anche Ferrara, nonostante una situazione leggermente migliore rispetto alla media nazionale, non è stata risparmiata. Qui, negli ultimi dodici anni, sono andate perse 263 attività commerciali, con un crollo particolarmente accentuato nel centro storico. Bar e negozi hanno chiuso i battenti, mentre i ristoranti, in controtendenza, hanno registrato una crescita, soprattutto nelle aree centrali. Sebbene Ferrara si posizioni all’83esimo posto nella classifica dei capoluoghi con il maggior numero di chiusure, il confronto con altre città dell’Emilia Romagna, come Reggio Emilia e Parma, evidenzia come il fenomeno sia diffuso a macchia d’olio.