Elon Musk lascia il Doge di Trump dopo il crollo di Tesla, tra proteste e utili in picchiata

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ECONOMIA

Che Elon Musk avesse deciso di affiancare Donald Trump nella sua nuova amministrazione, accettando la guida del Department of government efficiency – ribattezzato Doge – era sembrato a molti un azzardo. E i numeri del primo trimestre 2025 di Tesla, che segnano un crollo del 71% dell’utile netto, dimostrano che il rischio si è trasformato in un boomerang. Se già negli ultimi mesi del 2024 le vendite delle auto elettriche del colosso californiano avevano mostrato segnali di frenata, l’ingresso ufficiale di Musk nell’entourage del tycoon repubblicano ha accelerato il declino, trascinando con sé anche l’immagine del marchio.

Non è un caso che, nelle settimane scorse, siano proliferate sui social network immagini di atti vandalici contro le vetture parcheggiate o le vetrine dei concessionari. Una rabbia che, più che contro il prodotto in sé, sembra essersi indirizzata verso il suo volto pubblico. Tanto che alcuni proprietari hanno cominciato a esporre adesivi con la scritta “l’ho comprata prima che Elon diventasse pazzo”, quasi a prendere le distanze dalle scelte imprenditoriali e politiche del miliardario.

La nomina a capo del Doge, dipartimento incaricato di tagliare sprechi – e posti di lavoro – nella pubblica amministrazione Usa, aveva suscitato polemiche fin dall’inizio. Ma se Trump, che pure aveva beneficiato delle ingenti donazioni di Musk in campagna elettorale, sembrava intenzionato a sfruttarne la fama di innovatore spietato, i conti di Tesla hanno reso evidente quanto la doppia mansione stesse logorando l’imprenditore.

Proprio mentre la Casa Bianca celebrava i primi cento giorni del nuovo corso, Musk ha annunciato l’addio al ruolo, spiegando di voler tornare a concentrarsi sulle sue aziende. Un passo indietro che arriva dopo mesi in cui, tra proteste e cali di fatturato, l’ombra delle sue scelte politiche si è allungata sui veicoli a batteria, un tempo simbolo di progresso e oggi sempre più associati alle battaglie divisive del loro amministratore delegato.