Tra luxury shame e prezzi, la Cina pesa sui brand. In attesa di un rilancio nel 2026
Articolo Precedente
Articolo Successivo
Brand sull’orlo della crisi in Cina. Lo scenario macroeconomico cinese si è “ulteriormente deteriorato e ora c’è una chiara visione del fatto che la debolezza cinese è strutturale e non solo ciclica”, aveva pronosticato Barclays in un recente report che ha fatto il punto sulle attuali dinamiche di acquisto di beni di lusso in Cina continentale e Hong Kong, tratteggiando un panorama di crisi ormai difficilmente derubricabile a mera fase passeggera. (Pambianconews)
Su altre testate
Frena il mercato del lusso nel 2024 e perde circa il 2 per cento, fermandosi a 1.478 miliardi di euro dopo il record dei 1.500 miliardi del 2023. A pesare, le incertezze geopolitiche e la sofferenza del mercato asiatico, in particolare quello cinese (Gambero Rosso)
L’incertezza macroeconomica e il continuo aumento dei prezzi dei marchi stanno portando i consumatori di beni di lusso a ridurre gli acquisti, in particolare tra la Generazione Z, la cui attrazione per i marchi di lusso continua a diminuire. (Finanza.com)
Il lusso è storicamente resiliente più di altri settori ai tempi di crisi, ma per il comparto dei beni personali nel 2024 arriva il primo rallentamento (-2%) dai tempi della Recessione (escluso il periodo Covid). (Mark Up)
– Per la prima volta il settore del lusso conosce un rallentamento, fatta salva la parentesi del periodo Covid. Lo studio di Bain & Company La spesa globale per il lusso nel 2024 si mantiene più o meno stabile, con le stime che parlano di una variazione inclusa fra il -1% e il +1% rispetto al 2023, e una spesa complessiva prevista di 1500 miliardi di euro. (QUOTIDIANO NAZIONALE)
ABBONATI Already a member? Accedi “L’aumento dei prezzi? È il fallimento più totale del nostro lavoro”. È molto duro e autocritico il CEO del gruppo Prada, Andrea Guerra, su quello che ha definito “un errore gigante”. (laconceria.it)
Cinquanta milioni di consumatori persi e un calo della produzione in volume che oscilla tra il 20 e il 25 per cento rispetto a due anni fa. (Il Sole 24 ORE)