Charlie Hebdo: “La voglia di ridere non morirà mai!”
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Oggi la Francia ricorda la strada con le commemorazioni in rue Nicolas-Appert (dove nel 2015 aveva sede Charlie Hebdo), in boulevard Richard Lenoir, dove il poliziotto Ahmed Merabet fu ucciso dai fratelli Kouachi in fuga e davanti al negozio Hypercasher a Porte de Vincennes, ma il Paese non è solo a ricordare la strage. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha scritto sui social network che: “Gli uomini e le donne di Charlie Hebdo sono stati uccisi per ciò che rappresentavano. (RSI)
Ne parlano anche altre fonti
Dieci anni fa l'attentato contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo, che sconvolse la Francia e l'Europa. Dopo due giorni di ricerca, i due furono uccisi da una squadra d'intervento del Gign, il gruppo d'élite della gendarmeria francese, in una tipografia a Dammartin-en-Goële (Seine-et-Marne), a 45 chilometri da Parigi, dove si erano rifugiati. (la Repubblica)
Eppure oggi, a dieci anni di distanza, non si ode neppure più l'eco di quell'affermazione (il Giornale)
È restato il giorno della riunione settimanale di redazione a Charlie Hebdo. Il 7 gennaio di dieci anni fa era un mercoledì. (ilmessaggero.it)
«C’è un prima e un dopo gli attentati, perché per la prima volta nella storia della stampa un’intera redazione è stata distrutta», spiega al Corriere del Ticino lo storico Laurent Bihl, professore alla Sorbonne e specialista dell’immagine satirica. (Corriere del Ticino)
Con un numero speciale il settimanale satirico ricorda la strage qaidista del 7 gennaio 2015 (Primaonline)
In un vecchio saggio (ma poi mica tanto: è del 2018) di Luciano Canfora, La scopa di don Abbondio (Editori Laterza), il sottotitolo “il moto violento della storia” si adatta perfettamente alla data del 7 gennaio, ricorrenza di uno degli eventi più drammatici delle nostre cronache, quella del massacro di Charlie Hebdo, giusto dieci anni fa, il fatidico 2015, il momento in cui noi tutti percepimmo come certe forze politiche oscurantiste presero il sopravvento in Francia, ma anche in larga parte d’Europa e del mondo, gettandoci in un cupo fatalismo (che in certi Paesi, come l’Italia, si è tradotto nell’assenteismo elettorale). (Il Fatto Quotidiano)