Decreto «Paesi sicuri», scontro tra governo e giudici

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INTERNO

Il recente decreto sui "Paesi sicuri", attualmente all'esame del Senato, ha scatenato un acceso dibattito tra il governo e la magistratura. Il Tribunale di Bologna, composto dai giudici Marco Gattuso, Maria Cristina Borgo e Rada Vincenza Scifo, ha deciso di rinviare il provvedimento alla Corte di Giustizia europea, suscitando l'ira del centrodestra e della premier Giorgia Meloni, che ha definito l'argomentazione del tribunale più vicina a un volantino propagandistico che a una decisione giudiziaria.

Il decreto legge 158/2024, che mira a rendere operativi i centri di identificazione in Albania, è stato oggetto di critiche da parte dei giudici, i quali hanno sollevato dubbi sulla legittimità dei respingimenti degli immigrati verso i cosiddetti "Paesi sicuri". La scelta del Tribunale di Bologna di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea è stata motivata dalla necessità di chiarire i limiti imposti dalle normative comunitarie in materia di immigrazione.

La reazione del governo non si è fatta attendere: la premier Meloni ha attaccato duramente i giudici, accusandoli di interferire con le politiche governative e di ostacolare gli sforzi per contrastare l'immigrazione clandestina. L'Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha risposto con fermezza, difendendo l'indipendenza della magistratura e organizzando un'assemblea aperta ai cittadini in difesa dei giudici attaccati.

Il decreto sui "Paesi sicuri" rappresenta un tentativo del governo di definire con una norma primaria ciò che fino a poche settimane fa era regolato da un decreto interministeriale. L'obiettivo è quello di dissuadere i migranti dal tentare la traversata verso l'Italia, facendo capire loro che potrebbero essere trasferiti nei centri di identificazione in Albania, meno ospitali rispetto all'Italia.