Quegli atti disumani del popolo italiano

Per saperne di più:
Ponte sullo Stretto Morti sul lavoro

«Atti disumani che non appartengono al popolo italiano». Parola di Giorgia Meloni. Non sono d’accordo. Non dopo quello che ho visto in anni di reportage dai luoghi di sfruttamento italiani. Il caporalato esiste perché ci fa comodo. Serve a chi prende un lavoratore in nero, a chi affitta una casa in nero, a chi presta una mano solo in cambio di soldi. Siamo noi italiani ad accettare e alimentare lo sfruttamento, ed è per questo che poi a volte quelli come Satnam Singh muoiono. (La Stampa)

La notizia riportata su altri media

La prima storia è quasi uguale, ma senza il drammatico finale, a quella di Satnam. Quello di Satnam Singh non è il primo caso di bracciante ferito non soccorso e abbandonato. Così come non sono poche le violenze di imprenditori e caporali contro i lavoratori indiani: picchiati con mazze da baseball, minacciati con fucili a canne mozze e pistole, coltelli puntati alla gola. (Avvenire)

"Abbiamo aumentato il numero degli ispettori sul lavoro e nell'arco dell'anno saremo in grado di raddoppiare il numero delle ispezioni rispetto a quelle fatte negli ultimi anni". Lo ha detto la ministra del lavoro Marina Calderone al Tgcom24. (Alto Adige)

Lo definiscono il “triangolo d’oro dell’agricoltura italiana” quello compreso tra Terracina, Sabaudia e Fondi, dove si concentrano il 40 per cento delle esportazioni agroalimentari del Lazio. In questo contesto fatto di concorrenza spietata nascono caporalato e ”agromafie”. (ilmessaggero.it)

"La morte di Singh è una vergogna. Leggi contro caporalato insufficienti". Intervista a Yvan Sagnet, presidente di No Cap

Il caso di Satnam Singh, 31enne bracciante di origini indiane della provincia di Latina morto dopo aver perso un braccio in un incidente sul lavoro, ha riacceso il dibattito sul caporalato in Italia. (WIRED Italia)

Come se non fosse già abbastanza tragica la notizia della morte di Satnam Singh, il lavoratore indiano 31enne che lunedì pomeriggio aveva perso un braccio nei campi dell’area agricola dell’Agro pontino, a rendere tutto ancora più terribilmente surreale ci si sono messe le reazioni della sinistra, così affetta da incontinenza digitale che scrive sui social incolpando il governo di ogni cosa, ma dimenticando che sono le proprie prodezze ideologiche a contribuire ad alimentare caporalato e sfruttamento dell’immigrazione. (Liberoquotidiano.it)

«Fare morire un ragazzo giovanissimo in questo modo, con un braccio tagliato, è una vergogna», dice al Gambero Rosso Yvan Sagnet attivista e scrittore camerunense, da anni in prima linea tramite l’associazione No Cap, della quale è presidente, nella lotta allo sfruttamento e al lavoro in nero nel settore agroalimentare. (Gambero Rosso)