“Ho perso due figlie, Maia e Micol. Dal mio dolore è nato un sogno: un campus nel verde”
Articolo Precedente
Articolo Successivo
BOLOGNA – Quando un figlio muore quel che può tentare di fare un genitore è non arrendersi, non lasciarsi annientare. Invece che andare incontro al figlio, occorre portare il figlio dentro di sé. Invertire la rotta. Riempirsi di vita. Moltiplicarla, donarla. E’ questo il suggerimento che è stato dato a Massimo Di Menna e a sua moglie Margherita quando Maia, la più piccola di tre figlie, si stava spegnendo a 12 anni per un tumore al cervello che non dava speranze. (la Repubblica)
Se ne è parlato anche su altre testate
In cinque anni ha perso prima Maia, la più piccola, stroncata da un tumore cerebrale a soli 12 anni, e poi Micol, la maggiore, morta in un incidente stradale in Marocco a 23 anni, mentre festeggiava il suo primo contratto di lavoro. (Leggo.it)
«Avevo tre figlie. Adesso ne ho una». (Corriere di Bologna)