Sentenza Modena, trent'anni per duplice femminicidio
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La recente sentenza della Corte d'Assise di Modena, che ha condannato Salvatore Montefusco a trent'anni di reclusione per il duplice femminicidio della moglie e della figliastra, ha suscitato un acceso dibattito. La decisione di non infliggere l'ergastolo, richiesta dall'accusa, è stata motivata dalla "comprensibilità umana" dei motivi che hanno spinto l'imputato a commettere il reato. Montefusco, incensurato e settantenne, non avrebbe mai perpetrato delitti di tale gravità se non fosse stato spinto dalle dinamiche familiari negative che si erano sviluppate nel tempo.
La sentenza, articolata in 213 pagine, ha scosso l'opinione pubblica e il mondo politico, con numerose associazioni per i diritti delle donne che hanno contestato le attenuanti concesse. La Corte, guidata dal giudice Ester Russo, ha ritenuto che le circostanze familiari e l'età avanzata dell'imputato giustificassero una pena meno severa rispetto all'ergastolo.
Le motivazioni della sentenza sottolineano come Montefusco, pur avendo confessato il crimine, sia stato influenzato da fattori esterni che hanno contribuito a determinare il suo comportamento. La Corte ha valutato attentamente le dinamiche familiari e le pressioni psicologiche subite dall'imputato, ritenendo che queste abbiano giocato un ruolo significativo nella commissione del reato.
La decisione di non infliggere l'ergastolo è stata accolta con sorpresa e indignazione da molti, ma la Corte ha ribadito che la sentenza è stata presa in base a una valutazione approfondita e ponderata delle circostanze.