Meloni e le radici anti-totalitarie: una polemica che riaccende il dibattito

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Giorgia Meloni, nei suoi due anni e mezzo alla guida del governo italiano, aveva cercato di distanziarsi dal suo passato di giovane militante post-fascista, adottando un tono più moderato e dialogando con Bruxelles. Una strategia che le aveva permesso di attenuare le posizioni ultra-nazionaliste e anti-europeiste che l’avevano caratterizzata durante gli anni all’opposizione. Tuttavia, ieri alla Camera dei deputati, durante il dibattito in vista del Consiglio europeo, la premier ha riacceso una polemica che sembrava sopita, attaccando frontalmente il “Manifesto per un’Europa libera e unita”, redatto nel 1941 da Altiero Spinelli e altri intellettuali antifascisti confinati a Ventotene.

Il documento, considerato una delle basi ideologiche del federalismo europeo e dell’antifascismo, è stato oggetto di una critica serrata da parte di Meloni, che ha definito quell’Europa “non la mia”, sottolineando alcuni passaggi di matrice socialista contenuti nel testo. Una presa di posizione che ha suscitato reazioni immediate, tra cui quella di Gioconda Spinelli, figlia di Veniero e nipote di Altiero Spinelli, il padre politico del federalismo europeo. «La signora Meloni dovrebbe studiare meglio la storia», ha commentato Spinelli, aggiungendo che le parole della premier suonano come «bestemmie da fascisti».

La scelta di Meloni di attaccare un simbolo così caro all’antifascismo europeo non è casuale. Da tempo, infatti, la leader di Fratelli d’Italia evita di pronunciarsi esplicitamente a favore dell’antifascismo, preferendo definirsi “anti-antifascista”, una posizione che, sebbene ambigua, le permette di mantenere un legame con una parte del suo elettorato più radicale. Eppure, questa volta, il bersaglio è stato particolarmente significativo: il Manifesto di Ventotene non è solo un testo politico, ma un pilastro della memoria storica europea, che ha ispirato generazioni di europeisti e antifascisti.

La polemica arriva in un momento delicato, sia a livello internazionale che interno. Mentre il mondo osserva con apprensione gli sviluppi del conflitto in Ucraina e i colloqui tra i leader globali, in Italia il governo Meloni sembra voler riaffermare una linea politica che, pur mantenendo un profilo istituzionale, non rinuncia a sfide ideologiche. L’attacco al Manifesto di Ventotene, però, rischia di riaprire ferite mai completamente sanate, riportando alla luce un dibattito che molti consideravano superato.

Quello che emerge dalle parole di Meloni è una visione dell’Europa che, pur non rinnegando del tutto il progetto comunitario, ne critica le radici ideologiche, individuandole in un testo che, a suo dire, non rappresenta i valori della destra italiana. Una posizione che, se da un lato può rafforzare il consenso tra i suoi sostenitori più tradizionalisti, dall’altro rischia di isolarla ulteriormente nel contesto europeo, dove l’antifascismo rimane un valore condiviso e fondativo.