I big dell'energia investono sui fossili

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ECONOMIA

Non è un bel momento per gli alfieri del green, coloro che hanno fatto del Green Deal una missione di vita e che spesso puntano il dito contro il maschio bianco occidentale, mentre evitano di parlare di Cina e India. I dati confermano che il consumo di carbone è raddoppiato negli ultimi trent'anni e i colossi dell'energia, come Exxon, Shell, Equinor e BP, non sembrano intenzionati a invertire il trend. Hanno infatti inserito le fonti fossili al centro delle loro strategie, sospendendo i programmi su rinnovabili e taglio delle emissioni di CO2. Il carbone, dunque, è vivo e vegeto.

La COP26, la ventiseiesima conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi in Scozia nel 2021, aveva promesso di "consegnare il carbone alla storia" e sostituirlo con fonti energetiche a basse emissioni. Tuttavia, questa promessa non è stata mantenuta. Le ultime previsioni dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA) indicano che la domanda globale di carbone, il combustibile fossile più inquinante ma anche la principale fonte di generazione elettrica al mondo, toccherà ogni anno un nuovo record fino almeno al 2027, con conseguenze significative in termini di emissioni di gas serra.

L'IEA ha pubblicato il rapporto annuale su domanda e consumo di carbone nel mondo, rivelando di aver sbagliato le previsioni: il picco nel consumo globale del fossile inquinante non è stato nel 2023, ma forse sarà nel 2027. Mentre negli Stati Uniti e in Europa il picco è stato effettivamente raggiunto e pare essere iniziata la discesa, in Cina e in alcune economie emergenti il consumo cresce con vigore, innalzando i livelli globali.

Le emissioni globali di carbonio dai combustibili fossili hanno raggiunto un nuovo record nel 2024, con un aumento dello 0,8% rispetto al 2023. Secondo un rapporto pubblicato il 13 novembre sulla rivista Earth System Science Data, l'umanità ha scaricato 41,2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica nell'atmosfera nel corso di quest'anno.