Elezioni anticipate in Iran, avanti i riformisti

Gli iraniani si sono recati alle urne per eleggere il nuovo presidente, dopo la morte di Ebrahim Raisi, vittima alcune settimane fa di un tragico incidente in elicottero. Il 28 giugno c’è stato il primo turno di voto e il ministero dell’Interno di Teheran ha annunciato ufficialmente che al ballottaggio del 5 luglio si sfideranno il candidato riformista Massud Pezeshkian e l’ultraconservatore Said Jalili, con il primo che ha ottenuto nel primo round un maggior numero di preferenze. (Avanti Online)

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L'affluenza è stata intorno al 40%, il dato più basso nella storia della Repubblica islamica. Nessuno dei candidati ha raggiunto la quota necessaria per essere eletto e venerdì 5 luglio si terrà il ballottaggio tra il riformista Masoud Pezeshkian, che ha ootenuto circa 10,4 milioni di voti, e l'ultraconservatore Saeed Jalili, che si è fermato a 9,4 milioni di preferenze, secondo i dati riportati dall'agenzia ufficiale iraniana Irna. (Today.it)

Pezeshkian, alleato dei cosiddetti “riformisti”, ha ottenuto il 42,4% di voti, mentre invece Jalili, leader del partito più fondamentalista dell’Iran, il Fronte della stabilità della Rivoluzione islamica molto vicino alla Guida suprema, ha raccolto il 38,6% dei consensi. (L'HuffPost)

Dei 24,5 milioni di voti espressi nelle elezioni di venerdì, Pezeshkian ha ottenuto 10,4… Al primo turno venerdì scorso, hanno ottenuto più voti il ‘’riformista’’ Masoud Pezeshkian e il conservatore Saeed Jalili. (La Stampa)

Teheran, il non voto spinge i riformisti

Al primo turno della corsa alla presidenza, dopo la morte il 19 maggio di Ebrahim Raisi, Pezeshkian aveva ottenuto 10.415.991 voti, mentre Jalili 9.473.298. (Adnkronos)

Occhi puntati sull'affluenza che lo scorso 28 giugno ha sfiorato il 40%, un dato decisamente basso (LAPRESSE)

I riformisti rialzano la testa e l'Iran si prepara a un ballottaggio ad alta tensione, venerdì 5 luglio, con la sfida tra il progressista Masoud Pezeshkian e il fondamentalista Saeed Jalili. Si va al secondo turno perché nessuno dei due è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta nella corsa presidenziale. (il Giornale)