Milanesi dell’Ostello Bello in Myanmar raccontano il terremoto: «Palazzi sbriciolati, monaci in ginocchio, ora temiamo la notte»
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Mentre il sole tramonta su Mandalay, i milanesi dell’Ostello Bello – brand nato da un’associazione della loro città e oggi diffuso in diverse località del mondo – si preparano ad affrontare una notte che sanno essere carica di incertezza. «Adesso che qui sono quasi le nove di sera, il pensiero non è tanto lo spavento passato, ma cosa accadrà nelle prossime ore», racconta uno di loro, descrivendo un copione già scritto: dormire con le scarpe ai piedi e la borsa pronta, nel caso in cui nuove scosse li costringano a fuggire. Le loro sedi in Myanmar, due rimaste operative nonostante la chiusura di quelle sul lago Inle e a Bagan dopo il golpe del 2021 e la pandemia, sono diventate punti di osservazione privilegiati su un Paese che trema, nel senso più letterale del termine.
Le immagini del sisma, che ha raggiunto una magnitudo di 7.7, parlano da sole: palazzi ridotti a cumuli di macerie, monaci inginocchiati davanti ai resti del loro monastero, fedeli in fuga dalla moschea di Mandalay mentre la piscina sacra oscilla violentemente. Il panico, che si è diffuso con la stessa rapidità delle onde sismiche, ha lasciato dietro di sé un bilancio provvisorio ma già drammatico: 144 morti e 732 feriti, numeri destinati a crescere, come ammesso dallo stesso capo della giunta militare, Min Aung Hlaing.
La terra ha tremato in un Paese già lacerato da anni di conflitti e instabilità politica, e la richiesta di aiuti internazionali – lanciata senza distinzioni tra "Paesi e organizzazioni" – suona come un’ammissione di impotenza di un regime che ha isolato il Myanmar dal mondo. Intanto, da Roma arriva la voce di Giorgia Meloni, che definisce «devastanti» le immagini provenienti dal Sud-Est asiatico, esprimendo vicinanza senza però addentrarsi in dettagli operativi.