Pasqua in Terra Santa, tra guerra e speranza: l’appello dei patriarchi
Articolo Precedente
Articolo Successivo
Mentre si avvicina la Pasqua, i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme hanno diffuso un messaggio in cui invocano la fine delle guerre e delle aggressioni, sottolineando come la risurrezione di Cristo rappresenti una luce capace di dissolvere le tenebre. «Come esseri umani – si legge nel testo – abbiamo attraversato momenti di oscurità, ma la fede ci ricorda che Gesù, morendo, ha portato il peso delle nostre cadute senza esserne schiacciato». Un richiamo che, in un contesto segnato da conflitti e povertà, assume un significato particolarmente intenso.
Gerusalemme, con i suoi luoghi sacri, resta un simbolo potente di questa dualità tra sofferenza e redenzione. Chi visita per la prima volta la basilica del Santo Sepolcro rimane colpito dalla vicinanza tra il sito della crocifissione e quello della resurrezione, separati da pochi metri. Una scelta architettonica che, oltre a rispecchiare la tradizione storica, sembra suggerire un legame teologico inscindibile tra morte e rinascita. Eppure, per i cristiani locali, vivere in quelle stesse pietre sacre è diventato sempre più difficile.
La guerra ha infatti ridotto quasi a zero i pellegrinaggi, privando molte famiglie di un’indispensabile fonte di sostentamento. «Le piccole attività nate attorno ai luoghi santi – si legge in una notifica diocesana – sono state paralizzate». In questo scenario, la Colletta del Venerdì Santo, che si celebra il 18 aprile, rappresenta un’ancora di salvezza. I fondi raccolti, gestiti dalla Custodia di Terra Santa, servono non solo a preservare i santuari, ma anche a sostenere scuole, ospedali e iniziative caritative, garantendo una presenza cristiana che rischia altrimenti di svanire.