I genitori di Yara Gambirasio contro Netflix, i legali: «Pubblicati vocali privati per suscitare attenzione morbosa»

Le voci di Maura Panarese e Fulvio Gambirasio si sentirono solo due volte, in tv. Probabilmente si sforzarono, composti nel loro dolore come sempre e come sa chi li ha incontrati. La prima, insieme, a dicembre 2010, per un appello ai rapitori della loro Yara, scomparsa il 26 novembre a 13 anni: «Ridateci nostra figlia». Il secondo, solo la mamma, a novembre 2013, nel disperato tentativo di dare una svolta alle indagini: «Chi sa, parli». (Corriere Bergamo - Corriere della Sera)

Ne parlano anche altre testate

"Siamo indignati. Faremo un esposto al garante della Privacy: c'è stata un'incursione nella vita di questi genitori senza che ci fosse una reale necessità e senza chiedere alcuna autorizzazione": gli avvocati dei genitori di Yara Gambirasio, la 13enne uccisa nel 2010, si scagliano contro Netflix per la docuserie su Massimo Bossetti, l'uomo condannato all'ergastolo per la morte della ragazza. (Liberoquotidiano.it)

Ancora polemiche per la serie tv "Il Caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio". (Secolo d'Italia)

Lo presenteranno gli avvocati della famiglia per gli audio privati che Maura Panarese, mamma di Yara, lasciò sulla segreteria telefonica della figlia tredicenne scomparsa da Brembate Sopra il 26 novembre 2010, poi trasmessi nella docuserie di Netflix “Il caso Yara, oltre ogni ragionevole dubbio”. (TGR Lombardia)

La famiglia di Yara Gambirasio si scaglia contro la docuserie, trasmessa su Netflix, sulla scomparsa e morte della giovane ragazza. La serie ha fatto immediatamente scalpore per l’intervista a Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo, e il tentativo di scagionarlo. (Donna Moderna)

Nulla di utile alla ricostruzione della vicenda giudiziaria, e nessuna richiesta di autorizzazione ai genitori. Sono molti gli audio, di quei messaggi privatissimi – tanto che non sono finiti nemmeno negli atti del processo – che la docuserie di Netflix «Il caso Yara, oltre ogni ragionevole dubbio» ha reso pubblici. (L'Eco di Bergamo)

La cronaca giudiziaria, il diritto a essere informati, la dimensione pubblica del processo sono in sé atti di civiltà: dove tutto è segreto dove si arresta e si giudica nell’opacità, si annidano gli abusi del potere. (Famiglia Cristiana)