Yara, Giulia e le loro famiglie, vittime infinite volte di un racconto senza pietas

- L'attenzione morbosa per i delitti efferati è sempre esistita. La cronaca nera esercita da sempre un'attrazione su di noi, da Caino e Abele passando per la tragedia greca, proviamo a esorcizzare la violenza raccontandola: una strategia antropologica per difendercene psicologicamente. Forse. La cronaca giudiziaria, il diritto a essere informati, la dimensione pubblica del processo sono in sé atti di civiltà: dove tutto è segreto, dove si arresta e si giudica nell'opacità, si annidano gli abusi del potere.

La famiglia di Yara Gambirasio si scaglia contro la docuserie, trasmessa su Netflix, sulla scomparsa e morte della giovane ragazza. Il caso Yara, oltre ogni ragionevole dubbio è uscito il 16 luglio 2024 sulla nota piattaforma streaming ed è suddiviso in cinque puntate, ognuna di circa 50 minuti. La serie ha fatto immediatamente scalpore per l’intervista a Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo, e il tentativo di scagionarlo. I legali della famiglia di Yara Gambirasio contro Netflix: «Pubblicati vocali privati per suscitare attenzione morbosa». I legali dei Gambirasio, Andrea Pezzotta ed Enrico Pelillo, hanno fatto un esposto al garante della privacy. Lo anticipa il settimanale Giallo: «Siamo indignati. Faremo un esposto al garante della Privacy: c'è stata un'incursione nella vita di questi genitori senza che ci fosse una reale necessità e senza chiedere alcuna autorizzazione».

Le intercettazioni non erano agli atti dell'inchiesta e non sono mai finite nei processi. I genitori di Yara Gambirasio denunciano Netflix: "Un'incursione nella nostra vita senza autorizzazione". I genitori di Yara Gambirasio, la giovane vittima dell'omicidio che scosse l'Italia nel 2010, hanno presentato un esposto contro Netflix in seguito alla pubblicazione della docuserie "Il caso Yara - Oltre ogni ragionevole dubbio". L'opera, disponibile sulla piattaforma dal luglio 2024, ha sollevato non solo interesse ma anche profonde polemiche, soprattutto per l'utilizzo di materiali privati della famiglia Gambirasio senza consenso.

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