La Turchia di Erdogan tra repressione e proteste: studenti colpiti con cannoni ad acqua
Articolo Precedente
Articolo Successivo
Un video diffuso mercoledì 26 marzo ha documentato l’intervento delle forze dell’ordine turche contro manifestanti riuniti all’Università Tecnica del Medio Oriente (METU) di Ankara, dove i dimostranti – in gran parte studenti – sono stati dispersi con l’impiego di cannoni ad acqua. Le proteste, scoppiate in seguito all’incarcerazione del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, accusato di corruzione e terrorismo in un caso giudiziario considerato da molti pretestuoso, hanno coinvolto migliaia di persone in tutto il paese, trasformando piazze e campus universitari in teatri di scontri e resistenza.
Quella che era iniziata come una mobilitazione per chiedere la liberazione di Imamoglu, principale figura dell’opposizione e potenziale sfidante di Erdogan nelle prossime elezioni, si è rapidamente estesa in una contestazione più ampia contro il crescente autoritarismo del governo. La Turchia, già definita da analisti politici un esempio di "autoritarismo competitivo" per la sua facciata democratica svuotata di sostanza, sta vivendo un ulteriore inasprimento delle misure repressive, con arresti mirati e un uso sistematico della forza per soffocare il dissenso.
Solo a Istanbul, nelle ultime ore, sono stati effettuati oltre cento fermi, portando il totale degli arresti a più di 1.400 in pochi giorni. Tra questi, anche giornalisti come Yasin Akgu, fotografo dell’Afp, e altri sei colleghi impegnati a documentare le proteste, nonostante un tribunale ne avesse inizialmente disposto la scarcerazione. La scelta di colpire chi racconta gli eventi conferma una strategia volta a limitare la diffusione di informazioni, mentre il clima di paura si intensifica.