Il Milan e l’amara abitudine delle rimonte inutili
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Da quando Sergio Conceiçao è arrivato sulla panchina del Milan, una costante ha caratterizzato le sue partite: la squadra, anziché imporsi fin dal primo minuto, aspetta di subire per reagire. Eppure, proprio lui, in conferenza stampa dopo il 2-2 con la Fiorentina, ha dichiarato di preferire un’affermazione netta e controllata, come un 1-0, piuttosto che un’altalena di gol. Peccato che, sotto la sua gestione, il Diavolo abbia mantenuto la porta inviolata solo in tre occasioni, confermando una fragilità difensiva che si trasforma in spettacolo solo quando ormai è troppo tardi.
Ieri a San Siro, ancora una volta, il Milan è sembrato svegliarsi solo dopo essere andato sotto di due reti. Un copione già visto, identico a quello delle partite contro Napoli e Lecce, dove la reazione è arrivata quando il danno era fatto. Moise Kean, autore di una prestazione superlativa, ha piegato due volte i rossoneri, dimostrando quanto la difesa milanista fatichi a contenere attaccanti di peso. Se poi Mike Maignan non avesse compiuto un intervento decisivo, il punteggio sarebbe potuto essere ancora più amaro.
La rimonta, con i gol di Tammy Abraham e Luka Jović, ha regalato emozioni ma non punti fondamentali per la corsa alla Champions League. E mentre La Gazzetta dello Sport parla di "rimonta più inutile", il Corriere dello Sport chiude ogni speranza con un secco "Milan out". Con questo pareggio, la squadra scende sotto i 50 punti per la terza volta in un decennio, un dato che la dice lunga sulle difficoltà di un ciclo che fatica a decollare.