La “gestazione per altri” e i modi per definire la maternità surrogata
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La cronaca insegna a fare sintesi, a volte esagerando. Anche per edulcorare la realtà. È forse questo il caso di “Gpa”, acronimo che sta per “gestazione per altri”: un modo elegante e con un fondo persino positivo per definire quella che, tra leggi e mass media, è meglio conosciuta come “maternità surrogata”. Non sono i soli modi per chiamare il pagamento di una “madre portatrice” al servizio di “genitori d’intenzione”, o “sociali” per avere il figlio desiderato (pagando): il più noto ed esplicito di tutti è “utero in affitto”, ma sono apparsi anche neologismi elusivi come “gravidanza di sostegno” o “maternità di sostituzione”. (Avvenire)
La notizia riportata su altri giornali
Dobbiamo però dire una cosa molto importante». A parte, poi, che oltre una certa soglia di pena si può comunque perseguire. (Corriere Roma)
Che la maternità surrogata nel mondo viva un problema di sfruttamento è un fatto e un grande tema da affrontare. Il Senato italiano ha approvato la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia che rende la gestazione per altri (GPA) un “reato universale”, che vuo dire che si potrà perseguire in Italia anche se praticata all’estero da cittadini o cittadine italiane. (Il Sole 24 ORE)