Iran diviso sulla risposta ai raid israeliani

- Ogni volta che Israele elimina uno degli uomini forti dell'asse della resistenza, come avvenuto con l'uccisione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, in un palazzo di Teheran, o con gli attacchi esplosivi nascosti nei walkie-talkie e nei cercapersone usati dai miliziani di Hezbollah, fino all'uccisione del leader dell'organizzazione sciita libanese Hassan Nasrallah, i leader iraniani promettono una feroce ritorsione, ripetendo che lo Stato ebraico pagherà duramente. Tuttavia, l'Iran si trova ora in una posizione imbarazzante, non sapendo più come reagire.

Il ministero degli Esteri iraniano ha minacciato vendetta per l'uccisione del generale dei pasdaran Abbas Nilforoushan, sorpreso con Nasrallah nel bunker distrutto dalle bombe penetranti di Israele. Questa circostanza ha portato alcuni osservatori, come l'islamista Gilles Kepel, a ipotizzare una complicità dei servizi segreti iraniani nel raid, per neutralizzare un alleato diventato scomodo.

L'Iran, prigioniero dell'asse della resistenza che ha costruito, è ora diviso sulla risposta da dare a Israele. Da un lato, c'è chi spinge per una risposta diretta per preservare la capacità di deterrenza, rischiando però un conflitto regionale; dall'altro, c'è chi preferisce una via diplomatica, negoziando una risposta su scala minore, delegata ai suoi proxies, per non mettere a repentaglio la stabilità interna.

La morte di Nasrallah ha aperto una profonda spaccatura nel mondo sciita, con l'ala più radicale che rimprovera alla Guida Suprema Ali Khamenei la mancata risposta alla prima escalation. La situazione è ulteriormente complicata dalla campagna di guerra contro gli alleati regionali dell'Iran, che ora si estende anche allo Yemen.

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