Non è di certo Scherzi a parte, come si schermisce dalle polemiche Matteo Salvini. Quando un vicepremier si organizza un rendez-vous col vicepresidente degli Stati Uniti JB Vance nello stesso momento in cui la presidente del Consiglio di centrodestra Giorgia Meloni sta cercando di rinnovare le promesse di affinità non proprio integrale col presidente Donald Trump, si potrebbe quasi chiamare un dispetto, se non peggio.
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L’analisi L’escalation di Salvini che si sente eroe dei due mondi Il vicepremier si è intestato il ruolo di mediatore internazionale. Mentre l’Italia è paralizzata dall’indecisione, lui ha due sponsor, russo e americano Flavia Perina
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Era inevitabile che le sortite trumpiane di Salvini, inclusa la telefonata con il vicepresidente americano Vance in cui tra l’altro s’è discusso della rete di satelliti che Musk vorrebbe affittare all’Italia, irritassero Tajani, in un certo senso il concorrente diretto del leader leghista, che di recente s’è visto di nuovo sorpassare nei sondaggi, dopo un periodo in cui la crisi del Carroccio ave…
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I latini la chiamavano excusatio non petita. Una scusa non dovuta. Più in generale, una puntualizzazione non richiesta e non necessaria. Come fa Matteo Salvini, intervenendo alla scuola di formazione della Lega, che non perde un attimo per smentire quelle che, secondo lui, non sono altro che invenzioni giornalistiche. «Salvini chiama Vance perché c’è una guerra con la Meloni a chi fa più telefonate negli Stati Uniti – dice il leader leghista – È Scherzi a parte, non è giornalismo.
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Tutti pazzi per gli States. Se non è un mistero che la premier, Giorgia Meloni, abbia in progetto un viaggio negli Usa per parlare con Donald Trump di dazi, ora anche il suo vice, Matteo Salvini - dopo la chiamata con JD Vance - sogna la missione a stelle e strisce. Nel derby della trasferta a Washinghton, che contrappone direttamente la leader di FdI a quello del Carroccio, pure Antonio Tajani gioca la sua parte.
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