Grazie a Cognetti che non ci ha nascosto nulla
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La narrazione di sé che ha fornito lo scrittore Paolo Cognetti è una di quelle che non ti aspetti. Un uomo di grande successo racconta la sua malattia psichiatrica, come ne è stato travolto e come tuttora si senta fragile e vulnerabile: non capita tutti i giorni che i problemi di salute mentale si incarnino nella storia compiuta di una persona che ne riferisce i sintomi, la fatica nell’affrontarli, le cadute e il percorso in salita che si deve fare per imparare a tornare alla vita, capaci di non essere in balia delle montagne russe che la mente può accendere quando non ha equilibrio. (Famiglia Cristiana)
Ne parlano anche altre testate
Lo scrittore Paolo Cognetti ha raccontato alla stampa il suo periodo difficile e il Tso obbligatorio cui è stato sottoposto a causa di «una grave depressione sfociata in una sindrome bipolare con fasi maniacali». (Corriere della Sera)
Un dolore esistenziale che cancella ogni speranza. Il premio Strega, intervistato da Giampaolo Visetti su Repubblica, descrive i giorni di ricovero per una forma grave depressiva, alzando quel velo che avvolge una patologia della quale ci si vergogna ancora… (la Repubblica)
Lo scrittore: ho saltato un appuntamento dallo psichiatra, mi sono ritrovato polizia e ambulanza sotto casa (Open)
«Mi sono trovato a un certo punto legato al letto mani e piedi, con una siringa in una gamba, è una cosa che non dimenticherò mai»: è un Paolo Cognetti irriconoscibile, senza barba e con i capelli tinti di rosso, quello che racconta al Tgr Lombardia quanto vissuto durante un Trattamento Sanitario Obbligatorio (Tso). (Corriere TV)
La depressione, «restavo nella mia baita a guardare il soffitto, qualcuno provava a trascinarmi fuori, ma non mi importava più di niente, non c’era più amore né per mia madre e mio padre che erano lì ad accudirmi, né per il mio cane Lucky: il mio cuore era inaridito»; i pensieri di suicidio «erano all’ordine del giorno: la corda ce l’ho, la trave ce l’ho, devo capire come salire sulla sedia»; l’alcolismo «per lasciare la compagna con cui stavo da dodici anni c’è voluto tutto il mio coraggio e anche un bel po’ di alcol. (Corriere della Sera)
Rifiutavo la malattia e perciò le cure. I miei cari amici, che assistevano alla trasformazione di un medico attivo (io) in una squinternata incapace di vivere (niente lavoro, niente vita sociale, niente di niente), pensarono a un tso, molto difficile da ottenere in assenza di parenti diretti. (la Repubblica)