Autonomia differenziata, le parti illegittime della legge secondo la Corte Costituzionale
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La Corte Costituzionale, con la sentenza del 14 novembre 2024, ha annullato sette specifiche disposizioni della legge n. 86/2024 sull'autonomia differenziata, ritenendole in violazione del principio costituzionale della sussidiarietà. Tale principio regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni, e la Corte ha rilevato che le nuove competenze sono state definite attraverso un semplice accordo politico tra Governo e Regione, senza un'adeguata ricostruzione sistematica dell'impiego del parametro costituzionale del coordinamento con la finanza pubblica.
Il comunicato emesso dalla Corte, dopo gli interventi degli avvocati delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, è molto tecnico e articolato. Esso sottolinea come la legge avrebbe dovuto stabilire prima "che fare" e poi "come fare", ricorrendo a una "norma di comportamento" che garantisse il rispetto del principio di sussidiarietà. La sentenza ha quindi evitato all'Italia di fare una pessima figura, annullando le disposizioni che violavano tale principio.
Nel frattempo, il dibattito politico sull'autonomia differenziata si è intensificato, complice anche la recente doppia sconfitta alle elezioni regionali in Emilia-Romagna e Umbria. All'interno della maggioranza, Forza Italia, storicamente tiepida su questa riforma, ha alzato la voce, chiedendo una pausa di riflessione e l'accoglimento dei rilievi della Corte Costituzionale. Il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, ha alzato la posta, sfidando Matteo Salvini della Lega, in attesa di un incontro a tre con la premier Giorgia Meloni.
La riforma dell'autonomia, promossa da Calderoli e Zaia, ha quindi subito un rallentamento, con la maggioranza che si trova ora a dover gestire le rivalità interne e le richieste di modifica avanzate da Forza Italia.