Le dimissioni del ministro - Sangiuliano, Meloni e gli altri: in Italia la situazione politica non è grave, è comica

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Le dimissioni del ministro La vicenda del titolare della Cultura segue a ruota le altre, come quella di Pozzolo e Santanchè. A mancare del tutto è il senso dello Stato. La premier ha perso una grande occasione: cambiare il Paese facendo i conti con il passato, rompendo con estremisti, corrotti e inquisiti E così il ministro Sangiuliano si è dimesso! Ci ha messo un bel po’ a capire che doveva andarsene. (LaC news24)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Dal 2019 scrive articoli sull’arte per il foglio rifondato da Arturo Diaconale ma solo l’ultimo, dopo l’affaire Sangiuliano-Boccia, viene stoppato dall’alto e nulla può il caporedattore che pure si spende perché sia pubblicato. (Il Fatto Quotidiano)

La sua vera incompiuta, sempre che non decida di continuare a metterci mano anche adesso che però è tardi, tremendamente troppo tardi, è l’opera in cui aveva deciso di raccogliere «tutte le gaffe dei politici di sinistra passate sotto silenzio negli ultimi anni» di cui aveva parlato agli amici più stretti, raccontando tra l’altro di avere già un’idea della casa editrice. (Corriere Roma)

Da sempre la politica sa che infilare il naso nelle mutande e nel privato dei cittadini è un gioco pericoloso e destinato a fallire. Fratelli d'Italia non fa eccezione. E così sono finiti strozzati dalla loro stessa propaganda. (Lettera43)

La Carta e i limiti all’arbitrio del potere

Ma, nell’ora dell’addio, quando la commedia all’italiana (nel caso, L’onorevole con l’amante sotto il letto di Mariano Laurenti, 1981, con Lino Banfi e Janet Agren) sfocia in una sceneggiata napoletana lacrimogena e vittimista, bisogna ricordare che Genny-la-gaffe è stato un pessimo ministro della Cultura. (La Stampa)

CERNOBBIO — Alle cinque della sera, mentre il ministro Gennaro Sangiuliano a Roma si dimette, al forum Ambrosetti sta per parlare Volodymyr Zelensky, in uno dei momenti più solenni delle sue 50 edizioni. (la Repubblica)

Non c’è alcuna campagna d’odio contro di lui, non c’è alcun potere forte a ordire trame segrete, né si è mosso il famigerato mondo del cinema per vendetta di fronte alla riforma del tax credit. Peccato l’abbia fatta – a leggere la sua lettera di congedo – per le ragioni sbagliate. (La Stampa)