Geolier e la tragedia di Napoli

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INTERNO

Nelle ultime ore, il rapper napoletano Geolier ha espresso, attraverso i suoi canali social, un profondo rammarico e indignazione per l'ennesimo atto di violenza che ha colpito la sua città. In un post su Instagram, accompagnato da un'immagine del Vesuvio, simbolo della sua amata Napoli, Geolier ha scritto parole accorate: "Terra mia il tuo 'popolo' ti sta umiliando a colpi di pistola. Ancora un'altra vittima... ancora un'altra volta BASTA". Questo grido di dolore e rabbia arriva a pochi giorni dall'omicidio di Arcangelo Correra, un giovane di 18 anni ucciso con un proiettile alla testa.

La vicenda di Correra, che ha scosso profondamente la comunità napoletana, si inserisce in un contesto di crescente violenza giovanile. Il giovane è stato colpito da un colpo di pistola sparato involontariamente dal cugino Renato Benedetto Caiafa, che aveva trovato l'arma poggiata su uno pneumatico di un'auto parcheggiata in Vicolo Sedil Capuano, nel cuore di Napoli, a due passi dal Duomo. Questo tragico episodio segue di una settimana la morte di Santo Romano, ucciso per una futile lite in strada a San Sebastiano al Vesuvio.

Geolier, il cui vero nome è Emanuele Palumbo, è uno dei cantanti rap più amati d'Italia. Nato nel 2000 e cresciuto in periferia, al Rione Gescal, all'ombra dei più noti quartieri di Secondigliano e Scampia, ha spesso parlato nelle sue canzoni dei ragazzi come lui, cresciuti in rioni-dormitorio che poco o nulla offrono di pulito a giovani e adolescenti. La sua musica, che racconta la realtà difficile e spesso violenta delle periferie napoletane, è stata talvolta criticata per il suo linguaggio crudo e diretto, ma è anche apprezzata per la sua autenticità e per la capacità di dare voce a chi spesso non ne ha.

L'omicidio di Arcangelo Correra ha riacceso il dibattito sulla sicurezza e sulla diffusione delle armi tra i giovani. Le parole di Geolier, che ha citato anche il celebre cantautore napoletano Pino Daniele, riflettono un sentimento diffuso di frustrazione e impotenza di fronte a una violenza che sembra non avere fine.