Cosa ci racconta il caso di stupro di Gisèle Pelicot

Cosa ci racconta il caso di stupro di Gisèle Pelicot
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Lucy. Sulla cultura ESTERI

La vergogna deve cambiare lato, e la coraggiosissima signora Pelicot fa bene a esigere questo ribaltamento, che è sociale, di genere e culturale. Ma a noi sta un altro compito, che contribuirebbe ad ampliare e approfondire il discorso portato avanti da Pelicot: capire che farcene del sentimento di colpa. Se la vergogna scaturisce da una morale che può non coincidere con la propria, il sentimento di colpa invece nasce da una presa di coscienza individuale, dal riconoscimento di una morale personale, che non ha bisogno, per esistere, di essere espressa all’altro. (Lucy. Sulla cultura)

Su altri media

Nessuna vittima di violenza sessuale si deve vergognare. (Il Fatto Quotidiano)

La vicenda ha dei toni drammatici: Pelicot è stata drogata per anni dal marito, che la faceva violentare da estranei (se ne sono contati circa 90), 50 dei quali sono ora imputati in un processo che ha scosso la Francia ma non solo. (la VOCE del TRENTINO)

Per questo ha chiesto che il processo "per gl… (la Repubblica)

Gisèle Pelicot: il gelato al lampone, le mogli che negano, i professori e i camionisti. Che cosa ci insegna il caso degli 83 stupratori

Avignone, 24 ott. Gisèle Pelicot è tornata in aula al processo contro l'ex marito che per 10 anni, secondo l'accusa, l'ha sedata per farla violentare da oltre 50 sconosciuti nella loro casa di Mazan, in Francia. (il Dolomiti)

Caro Aldo,nei giornali stranieri, non passa quasi giorno che vi sia un articolo sul caso di Gisèle Pelicot, un caso che secondo me, va al di là di ogni comprensione umana. Non capisco quindi perché il Corriere dedica una pagina intera a personaggi sconosciuti ai più, o comunque di dubbio interesse per i lettori, e non si occupa di questo. (Corriere della Sera)

Come Gisèle Pelicot dice di stare cercando di capire come il «marito perfetto» che pensava di avere abbia fatto tutto ciò, le testimonianze di queste donne parlano di questi uomini come «persone educate», «grandi lavoratori», «padri affettuosi». (Vanity Fair Italia)