Il governo dà via libera all'acquisizione di Popolare di Sondrio da parte di Bper, senza esercitare il golden power
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Mentre il risiko bancario italiano prosegue senza sosta, il governo Meloni ha deciso di non intervenire sull’offerta pubblica di scambio lanciata da Bper per il controllo di Banca Popolare di Sondrio, rinunciando all’esercizio del golden power. Una scelta che contrasta con l’approccio adottato poche ore prima nel caso Unicredit-Banco Bpm, dove il via libera è arrivato solo con precise condizioni, tra cui la dismissione delle attività in Russia e il mantenimento della rete degli sportelli.
Bper, guidata da Gianni Franco Papa, ha ricevuto il nullaosta senza alcuna prescrizione, come confermato dalla nota ufficiale dell’istituto. «La presidenza del Consiglio dei ministri – si legge nel comunicato – ha deliberato, su proposta del ministero dell’Economia e delle Finanze, di non avvalersi dei poteri speciali» in relazione all’ops sul totale delle azioni ordinarie di Popolare di Sondrio. L’operazione, valutata 4,3 miliardi, punta al controllo di almeno il 50% del capitale, sebbene non sia escluso un obiettivo minimo del 35%.
La decisione arriva a distanza di pochi giorni dal via libera all’accordo tra Mps e Mediobanca e sembra confermare una linea disomogenea da parte dell’esecutivo, che valuta caso per caso senza un criterio univoco. Se per Bper il percorso è stato privo di ostacoli, Unicredit ha dovuto accettare vincoli stringenti, dimostrando come il governo agisca con due pesi e due misure.
L’assenza di condizioni per Bper solleva interrogativi sulle reali motivazioni alla base delle scelte di Palazzo Chigi, soprattutto considerando che Popolare di Sondrio è un istituto radicato nel territorio, con un’importante presenza in Lombardia. Tuttavia, a differenza di altre operazioni, qui non sono emersi elementi tali da giustificare l’intervento dello Stato.