Salvini e la telefonata con Vance: pragmatismo o rivalità con Meloni?
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Matteo Salvini, leader della Lega e vicepresidente del Consiglio, non sembra volersi sottrarre al ruolo di protagonista nel dibattito politico italiano, soprattutto quando si tratta di relazioni internazionali. Dopo la telefonata con il vicepresidente americano J.D. Vance, Salvini ha ribadito di agire nell’interesse nazionale, negando qualsiasi tensione con la premier Giorgia Meloni. “Sarei in guerra con Meloni per la telefonata a Vance? Siamo su Scherzi a parte”, ha dichiarato, ironizzando sulle speculazioni giornalistiche che dipingono un presunto conflitto tra i due leader.
La questione dei dazi statunitensi, che preoccupano non poco il mercato italiano ed europeo, è al centro della discussione. Salvini, che si è autoproclamato mediatore tra Italia e Stati Uniti, ha sottolineato come il dialogo diretto sia la chiave per risolvere il problema. “Riusciremo a risolvere il problema parlando direttamente con gli Usa”, ha affermato, lasciando intendere che il suo intervento possa essere decisivo. Un approccio che, secondo alcuni osservatori, sembra quasi voler “mettere ‘a coppa”, come si dice a Napoli, ovvero millantare una posizione di superiorità rispetto alla Meloni, nota per il suo rapporto privilegiato con la Casa Bianca.
Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha però precisato che la politica estera è di competenza del presidente del Consiglio e del suo dicastero. “Il resto sono iniziative legittime personali”, ha dichiarato a margine della convention di Forza Italia a Palermo, senza entrare nel merito della telefonata Salvini-Vance. Tajani ha ribadito che, sebbene sia legittimo per un ministro dialogare con esponenti di altri Paesi, le posizioni ufficiali del governo restano quelle definite dal premier e dal titolare della Farnesina.
Salvini, dal canto suo, ha giustificato la chiamata a Vance come un’azione volta a favorire gli investimenti italiani negli Stati Uniti. “Ho chiamato il vicepresidente degli Stati Uniti per parlare di trasporti”, ha spiegato, riferendosi al piano da mille miliardi di dollari per la rete ferroviaria e stradale americana. “Ho il dovere di fare l’interesse nazionale italiano e di proporre ad aziende italiane di andare a investire sulla rete infrastrutturale americana”, ha aggiunto, sottolineando come il suo ruolo istituzionale lo autorizzi a dialogare con figure di alto livello.
La vicenda, tuttavia, non si esaurisce in una semplice telefonata. Dietro le quinte, sembra esserci una competizione non dichiarata tra Salvini e Meloni per il primato nelle relazioni con Washington. Un gioco di equilibri che, se da un lato evidenzia le differenze di approccio tra i due leader, dall’altro rischia di creare frizioni all’interno della maggioranza.