Torture e violenze nel carcere di Trapani, arrestati undici agenti penitenziari
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Nel carcere Pietro Cerulli di Trapani, la violenza era il metodo utilizzato per mantenere l'ordine. Botte, umiliazioni, insulti, maltrattamenti fisici e psicologici, talvolta vere e proprie torture, erano inflitti ai detenuti, in particolare a quelli più fragili. Il procuratore capo Gabriele Paci ha descritto la situazione come un "girone dantesco", paragonandola agli scenari de "I Miserabili" di Victor Hugo. Almeno un quinto degli agenti della polizia penitenziaria in servizio era coinvolto in questo modus operandi diffuso e reiterato nel tempo.
Le accuse, se confermate, rivelerebbero un caso eclatante e vergognoso in cui i detenuti venivano puniti, umiliati e addirittura torturati da uomini di legge. Il carcere "Pietro Cerulli" di Trapani sarebbe stato trasformato in una sorta di piccola succursale italiana del famigerato IK-3 di Kharp, il penitenziario russo di massima sicurezza dove era recluso Aleksei Navalny, o come la prigione di Diyarbakir in Turchia, nota per la sua crudeltà.
Gli undici agenti della polizia penitenziaria arrestati sono accusati di aver denudato, legato e deriso i detenuti, infliggendo loro sputi, calci, pugni, docce di urina e manganellate. Il reparto delle torture era la palazzina blu del carcere Pietro Cerulli, dove, complice l'isolamento e la mancanza di telecamere, i detenuti, per lo più con semi infermità mentale, sono stati vittime di violenze, abusi e offese. Almeno 14 i casi accertati.
Tra i dialoghi intercettati nell'inchiesta, emergono frasi agghiaccianti come "Lo avvolgi in un lenzuolo e lo fracchi, tanto è nero e non si vede" e "Toccano un collega? Bisogna sminchiarli proprio".