Commercio al dettaglio in crisi: il centro storico si svuota, bar e ristoranti resistono

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ECONOMIA

Camminare oggi per le vie del centro storico di molte città italiane significa fare i conti con un paesaggio urbano che, anno dopo anno, si è trasformato in modo radicale. Dal 2012 a oggi, quasi 26 negozi su 100 hanno chiuso i battenti, lasciando al loro posto saracinesche abbassate e vetrine vuote. Un fenomeno che, seppur diffuso in modo capillare, non risparmia neppure le città più piccole. A Piacenza, per esempio, in dodici anni sono scomparsi 218 esercizi commerciali, di cui 92 solo nel cuore del centro storico. Eppure, nonostante il segno meno che caratterizza il settore, ci sono attività che resistono, anzi, prosperano: bar e ristoranti, in particolare, sono aumentati in modo significativo, tanto che alcune vie si sono trasformate in veri e propri distretti della ristorazione, con una concentrazione di pizzerie che non ha precedenti.

I dati, elaborati dal Centro studi di Confcommercio in collaborazione con il Guglielmo Tagliacarne, dipingono un quadro preoccupante: tra il 2012 e il 2024, in Italia sono spariti quasi 118mila negozi al dettaglio, con un calo del 21,4%, e 23mila attività di commercio ambulante, ridotte del 24,4%. A crescere, invece, sono state solo le attività legate all’alloggio e alla ristorazione, che hanno registrato un incremento di 18.500 unità. Un trend che, se da un lato evidenzia la capacità di adattamento di alcuni settori, dall’altro sottolinea la crisi profonda che sta vivendo il commercio tradizionale, sempre più schiacciato dalla concorrenza dei colossi dell’e-commerce, primo fra tutti Amazon.

La desertificazione commerciale, come la definiscono gli addetti ai lavori, non è solo un problema economico, ma anche sociale. Le strade con negozi chiusi diventano più buie, meno frequentate e, di conseguenza, meno sicure, soprattutto nelle ore serali o nelle aree meno centrali. Un fenomeno che, se non affrontato, rischia di trasformare i centri storici in luoghi sempre più spogli e privi di vitalità. E mentre le imprese a titolarità italiana faticano a tenere il passo, registrando un aumento di appena il 3,1%, quelle gestite da stranieri sono cresciute del 41,4%, concentrandosi soprattutto nel commercio, nell’alloggio e nella ristorazione. Del resto, il 39% della nuova occupazione straniera negli ultimi dodici anni si è concentrata proprio in questi settori, con un aumento di 155mila unità.

Anche la Sardegna non è immune da questa tendenza. Centinaia di piccoli imprenditori hanno dovuto chiudere i battenti, lasciando un vuoto che si ripercuote sull’intera economia locale. I numeri, città per città, raccontano una storia di difficoltà e di cambiamenti epocali, che stanno ridisegnando il volto delle aree urbane. E mentre alcuni cercano di reinventarsi, altri semplicemente non ce la fanno, schiacciati da un mercato sempre più competitivo e da una domanda che, negli anni, è profondamente mutata.