Quanto costa un mutuo dopo il taglio dei tassi della Bce
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La Banca centrale europea ha ridotto il costo del denaro per la settima volta consecutiva, portando il tasso di riferimento dal 2,5 al 2,25%, il livello più basso dal 2022. Una mossa che, se da un lato rilancia la competitività del tasso variabile – dopo anni di predominio del fisso – dall’altro solleva interrogativi sulle scelte migliori per chi deve accendere un mutuo o rinegoziarne le condizioni.
L’Euribor a uno e tre mesi, infatti, è sceso sotto l’IRS a lungo termine, segnale di un riequilibrio in atto che, secondo gli analisti, potrebbe portare il variabile a superare il fisso entro fine anno. Un cambiamento significativo, soprattutto per le famiglie toscane, dove i finanziamenti per l’acquisto della casa hanno già registrato una crescita del 6% nel terzo trimestre del 2024, raggiungendo i 799,6 milioni di euro. Numeri che, pur indicando una ripresa, restano lontani dai livelli pre-crisi.
Goldman Sachs, anticipando ulteriori mosse della Bce, prevede tagli da 25 punti base a giugno, luglio e settembre, in un contesto in cui le preoccupazioni per la crescita economica – aggravate dalle tensioni commerciali globali – sembrano aver spinto Francoforte verso una politica monetaria più accomodante. Del resto, l’inflazione dei servizi ha mostrato un calo "marcato", mentre l’impatto delle turbolenze geopolitiche sui prezzi è stato definito "meno chiaro" rispetto alle precedenti valutazioni.
Con il tasso sui depositi sceso al 2,25%, la domanda che molti si pongono è se convenga muoversi ora per richiedere un mutuo o attendere nuovi ribassi. Chi opta per il variabile, oggi più vantaggioso, deve però fare i conti con una volatilità che, seppur attenuata, non è del tutto scomparsa. Al contrario, il fisso – pur perdendo appeal – rimane una scelta prudente per chi cerca stabilità.