Caso Regeni: "Bendato, torturato e ucciso". La verità emerge tra gli orrori del carcere egiziano
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Unasala d'aula carica di tensione, silenziosa testimone dell'orrore che riaffiora. È qui, nel Tribunale di Roma, che oggi il processo per la morte di Giulio Regeni ha vissuto un momento drammatico: la proiezione di un video documentario di Al Jazeera, nel quale un testimone palestinese ricostruisce, con la freddezza (Secolo d'Italia)
La notizia riportata su altri giornali
Secondo questo testimone non c'erano solo i carcerieri, ma anche «gli investigatori, ufficiali che non avevo visto prima e un colonnello, un dottore specializzato in psicologia. (Vanity Fair Italia)
Il racconto di un ex detenuto palestinese in un videodocumentario tramesso da Al Jazeera e mostrato oggi nel corso dell'udienza del processo davanti alla Prima Corte di Assise di Roma che vede imputati quattro 007 egiziani (il Giornale)
Un ex detenuto palestinese ha raccontato di aver visto Giulio Regeni prima e dopo un interrogatorio in carcere. "Dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l'interrogatorio? Dove hai... (Virgilio)
«Giulio Regeni era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati. Lo stavano riportando alle celle». È quanto afferma in un video tratto da un documentario mandato in onda da Al Jazeera, e proiettato oggi in aula al processo ai quattro 007 egiziani per la morte del ricercatore in corso a Roma, un cittadino palestinese che è stato detenuto in una struttura degli apparati egiziani. (Corriere Roma)
Queste le parole di Irene Regeni, sorella del ricercatore friulano, nel corso della sua testimonianza durante il processo a Roma sul sequestro, le torture e l’omicidio di Giulio Regeni. Perché Giulio? Le domande che ci continuiamo a porre ancora oggi”. (Il Fatto Quotidiano)
Un palestinese lo ha affermato in un video inserito in un documentario in onda su Al Jazeera e proiettato in aula durante l'udienza. A parlare è stata anche la sorella del ricercatore, Irene: «Era un ragazzo normalissimo, un esempio per me». (Lettera43)