Berlino si pente e "piccona" il Patto
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«Schuldenbremse, Kaputt!». Più che il grande capo dell'inflessibile Bundesbank, Joachim Nagel pare l'addormentato nel mosto ridestato improvvisamente dalla Principessa Realtà. Dopo l'ubriacatura cronica rimediata per aver ingurgitato ettolitri di ordoliberismo, il nostro Joachim s'è accorto che la Germania sta male, stretta com'è nella morsa di una recessione perniciosa aggravata dalla crisi forse esiziale dell'automotive, ex colonna portante del modello tedesco (il Giornale)
Ne parlano anche altri media
La Bundesbank, la banca centrale tedesca, ha ridotto le previsioni di crescita per l’economia della Germania nel 2024. La nuova stima è di -0,2%, una blanda recessione che si confronta con il + 0,3% che veniva indicato lo scorso giugno. (Il Fatto Quotidiano)
Molti medici attorniano il capezzale dell’economia tedesca, anche se nessuno pare ancora aver trovato la ricetta della guarigione. Ci prova l’Ifo, il prestigioso istituto di ricerca economica di Monaco, che ha presentato due scenari contrastanti sul futuro dell’economia tedesca, evidenziando le profonde incertezze che caratterizzano il momento attuale. (Start Magazine)
Prima i partiti dell'arco parlamentare, anche quelli da sempre contrari, poi il Consiglio dei saggi che aiuta il governo sulle politiche economiche, infine la banca centrale: tutte le istituzioni tedesche stanno gradualmente rimettendo in discussione il loro storico rifiuto all'idea ricorrere al debito per rilanciare la crescita, contraddicendo implicitamente tutto ciò che hanno per anni predicato in modo ossessivo. (L'HuffPost)
A causa della grande incertezza, l'istituto di ricerca presenta due scenari per le attuali previsioni economiche: se l'economia tedesca non riesce a superare le sue sfide strutturali, ci si aspetterebbe solo una crescita dello 0,4 percento. (LA STAMPA Finanza)
INFLAZIONE E RAPPORTO DEBITO/PIL Gigante in crisi (financialounge.com)
Un tempo erano i marchi che dominavano in Europa e nel mondo, orgoglio della forza industriale tedesca. Un tempo erano i marchi che dominavano in Europa e nel mondo, orgoglio della forza industriale tedesca. (Start Magazine)