Meloni e Salvini, il nodo del riarmo europeo divide il centrodestra

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INTERNO

Giorgia Meloni, che oggi vola a Bruxelles per il Consiglio europeo, si è trovata a dover gestire una situazione più intricata del previsto. La Lega, con un’uscita a sorpresa, ha messo in discussione la sua capacità di votare a favore del piano ReArm Europe, un progetto che prevede un significativo aumento degli investimenti nella difesa continentale. Matteo Salvini, attraverso il suo capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, ha lanciato un segnale chiaro: «Meloni non ha mandato per dire sì a Ursula von der Leyen». Una presa di posizione che ha costretto la premier a un tempestivo chiarimento telefonico con il leader leghista, nel tentativo di ricucire una frattura che rischia di indebolire il fronte del centrodestra.

La questione, in realtà, affonda le radici in una divergenza strategica che va oltre il semplice voto. Meloni, che aveva cercato di mediare tra le istanze europeiste e le resistenze sovraniste, si era allineata alla linea leghista in una risoluzione parlamentare, cercando di bilanciare le pressioni di Bruxelles con le esigenze interne. Tuttavia, il piano ReArm, che prevede la mobilitazione di circa 200 miliardi di investimenti privati per la difesa, è diventato un terreno di scontro. Da una parte c’è chi, come il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, vede nel progetto un’opportunità per rilanciare l’industria militare italiana; dall’altra, la Lega teme che un’adesione troppo entusiasta possa tradursi in un ulteriore trasferimento di sovranità all’Unione europea.

La tensione è emersa in modo netto ieri, quando Molinari ha fatto circolare tra le chat del centrodestra un messaggio che suonava come un monito: «Nessuno può permettersi di farsi dettare la linea da Bruxelles». Una frase che, sebbene successivamente smussata dai vertici leghisti («Tra Giorgia e Matteo c’è piena sintonia»), ha lasciato trasparire un malcontento non del tutto sopito. Meloni, dal canto suo, ha cercato di minimizzare, ma il disappunto per quella che è stata percepita come una mancanza di sostegno è stato evidente.

Intanto, a Palazzo Chigi, il lavoro di comunicazione prosegue senza sosta. Già dal 16 marzo, secondo fonti interne, erano state diffuse note tra i comunicatori del melonismo per preparare il terreno a una posizione più assertiva sull’Europa. L’obiettivo era chiaro: evitare che il centrodestra apparisse diviso su un tema delicato come la difesa. Eppure, nonostante gli sforzi, la frattura è emersa in modo netto, complicando ulteriormente il già difficile equilibrio tra le forze di governo.