Caso Gisèle Pelicot e la difficile battaglia in Francia contro la "sottomissione chimica"

Caso Gisèle Pelicot e la difficile battaglia in Francia contro la sottomissione chimica
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QUOTIDIANO NAZIONALE ESTERI

– Dopo quasi quattro mesi, si è concluso stamattina al Palazzo di Giustizia di Avignone il caso degli stupri di Mazan ai danni di Gisèle Pelicot. L’ex marito della vittima, Dominique, è stato condannato a 20 anni, la pena massima, di cui due terzi senza sconti di pena. Gli altri imputati, tutti colpevoli, hanno ricevuto pene dai 3 ai 17 anni di reclusione. Tra loro, scrive il quotidiano francese Le Monde, 41 verranno effettivamente incarcerati, 3 saranno sottoposti a misure di custodia cautelare e 6 torneranno a piede libero per le riduzioni di pena previste o per via del periodo già passato in detenzione. (QUOTIDIANO NAZIONALE)

Se ne è parlato anche su altre testate

Grazie al coraggio della vittima che ha voluto un processo a porte aperte, rinunciando alla sua privacy, il caso ha provocato un vero terremoto nelle coscienze in Francia. Gisèle Pelicot, una pensionata sconosciuta, abituata a una vita tranquilla, è diventata un simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, ribaltando la narrazione comune in cui a nascondersi spesso sono quelle che gli abusi li hanno subiti. (il Dolomiti)

Alcuni dei 51 imputati tra i 27 e i 74 anni ieri hanno detto di non essere affatto degli stupratori. (il Giornale)

Delusione, amarezza e anche rabbia. Il Tribunale di Avignone ha emesso un verdetto che agli occhi di alcuni sembra essere lontano dalla giustizia. (Il Fatto Quotidiano)

A porte aperte: la presa di parola delle donne

Dominique Pelicot è stato «dichiarato colpevole» degli stupri aggravati contro l'ex moglie Gisèle Pelicot. Condannato a 20 anni, il massimo della pena prevista. (ilmessaggero.it)

Gisèle Pelicot era presente in Aula per la sentenza, insieme con i suoi tre figli. Termina così lo storico processo per stupro seriale durato quattro mesi e diventato un simbolo della violenza contro le donne. (ilgazzettino.it)

«Quando ho scelto di aprire le porte di questo processo il 2 settembre scorso, ho voluto fare in modo che la società potesse prendere conoscenza dei dibattiti che vi si sono svolti», ha detto Gisèle Pelicot, al termine del processo di Mazan, «e non ho mai rimpianto questa decisione». (il manifesto)