L'Europa e il vizio politico: l'esclusione dell'Italia dal vertice sui top job

Il vizio d'origine è chiaro e riguarda tutti. L'errore, sia di metodo che di prospettiva, è stato quello di aver agito in quanto leader politici di parte piuttosto che in quanto capi di Stato e di governo. Un errore commesso dal francese Emmanuel Macron, dal tedesco Olaf Scholz e dall’olandese Mark Rutte, che al Consiglio europeo hanno escluso Giorgia Meloni dalla trattativa sui vertici della Commissione.

Hanno visto in Meloni non il rappresentante di un Paese fondatore, l’Italia, ma la leader di uno schieramento politico avverso, l’Ecr. Qualche ora dopo l’esclusione dell’Italia dal vertice sui top job europei – un problema «di metodo e di merito» per Giorgia Meloni – ecco giungermi un messaggio sullo smartphone: «Una forzatura insensata...».

Meloni ha l'ambizione di entrare nel fortino di Bruxelles dove tedeschi e francesi, circondati da vassalli fedeli, decidono della vita quotidiana di 27 nazioni europee, tra cui la nostra. Entrarci non è per lei tigna personale, ma nazionale. La questione dell'appartenenza partitica e delle relative alleanze sparisce dinanzi all'evidenza di un bene più grande.

Meloni si trova in una posizione ambigua in Europa: un po’ con il Palazzo, un po’ con le destre. La scommessa è che l’establishment sia costretto a dialogare per varare la Commissione. Il voto di FdI potrebbe essere decisivo: un elemento di forza per avere un portafoglio di peso.

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