Albania, il cantiere del centro di Gjader

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Nel deserto albanese, i lavori per il centro di permanenza per i rimpatri (CPR) di Gjader sono in corso. La metà del complesso, che dovrebbe ospitare 144 posti, è ancora una distesa di terra color sabbia. Attualmente, solo 24 posti sono pronti, mentre dei restanti 120 non c'è traccia. Il piazzale sotto la collina è occupato dai resti della vecchia base militare dismessa nel 2000, utilizzata fino all'accordo Rama-Meloni come deposito per aerei da combattimento ritirati dal servizio.

Il CPR di Gjader, che dovrebbe accogliere migranti, è ancora un cantiere aperto. Su un terreno friabile, sono stati necessari 90 piloni di fondazione per un consolidamento non previsto. Le selezioni in nave su chi può chiedere asilo sono fatte con criteri discutibili, come il possesso del passaporto, a persone derubate di tutto nei lager libici. I parlamentari d'opposizione, tra cui Scarpa del PD e Magi di +Europa, hanno ascoltato i racconti di torture in Libia, trafficanti e ricatti dai profughi.

Il centro di Gjader, descritto come un luogo che annichilisce le persone, è stato visitato da una delegazione di parlamentari italiani organizzata dal Tavolo asilo e immigrazione (TAI). I richiedenti asilo, otto cittadini del Bangladesh e quattro dell'Egitto, hanno raccontato le loro esperienze. Uno di loro ha dichiarato che, se avesse saputo di essere portato in Albania, avrebbe preferito raggiungere Lampedusa a nuoto.

La missione di monitoraggio nel centro di Gjader ha rivelato una situazione critica, con poche centinaia di posti disponibili sugli oltre 1.000 annunciati. Il cantiere, ancora aperto, richiede ulteriori lavori per essere completato.