Diabete, l’impatto negativo delle bevande zuccherate

Diabete, l’impatto negativo delle bevande zuccherate
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il Giornale SALUTE

Una delle malattie più diffuse al mondo è il diabete ma fa una certa rabbia sapere che in tantissimi casi la patologia viene scatenata dal consumo di bevande zuccherate. È questa la conclusione di uno studio condotto da ricercatori della Tufts University, Stati Uniti, e da poco pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature. I numeri che preoccupano Sarebbero addirittura 2,2 milioni i casi di diabete di tipo 2 ogni anno nel mondo e ben 1,2 milioni i nuovi casi che riguardano malattie cardiovascolari per l'eccessivo consumo di certe tipologie di bevande molto zuccherate. (il Giornale)

Ne parlano anche altri media

Sono spaventosi i numeri che pongono in una correlazione diretta il diabete e le bevande zuccherate. I risultati illustrati spaventano. (RicettaSprint)

Secondo un nuovo studio il consumo regolare e costante di bevande, come bibite gassate o succhi di frutta, causa ogni anno 2,2 milioni di nuovi casi di diabete di tipo 2 e 1,2 milioni di nuovi casi di malattie cardiovascolari. (Fanpage.it)

A stimarlo è un nuovo studio condotto dai ricercatori della Gerald J. Pensiamo solo che ogni anno nel mondo si verificherebbero ben 2,2 milioni di nuovi casi di diabete di tipo 2 e 1,2 milioni di malattie cardiovascolari a causa del consumo di bevande zuccherate. (Fortune Italia)

Diabete e bevande zuccherate, quest’ultime causano milioni di malati ogni anno

A dirlo è uno studio della Tufts University in Massachussets, pubblicato su Nature Medicine, che getta luce su un problema particolarmente drammatico nei paesi a basso e medio reddito. Dietro quel sorso zuccherino delle amatissime bevande gassate si cela un problema di salute globale che cresce senza sosta. (Gambero Rosso)

Consumi bevande zuccherate? Sei più a rischio di infarti e ictus. Lo dice uno studio condotto presso la Lund University, pubblicato su Frontiers Public Health. (La Gazzetta dello Sport)

È quanto suggerisce un nuovo studio di ricercatori inglesi dell'Università di Cambridge e cinesi, dell'Università di Fudan, pubblicato oggi sul Nature Human Behaviour (AGI - Agenzia Italia)