Usa, stretta di Trump su made in Italy: rischio nuovi dazi tra 4 e 7 miliardi
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Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe rappresentare un brutto colpo per l'economia italiana. Il Made in Italy rischia, infatti, di pagare un conto salato per la promessa elettorale del nuovo presidente Usa di dazi del 10% sulle importazioni. Secondo le simulazioni realizzate da Prometeia, i costi aggiuntivi per il nostro paese andrebbero da oltre 4 a oltre 7 miliardi di dollari. La nuova stretta va sommata ai quasi 2 miliardi di dazi fronteggiati nel 2023 e peserebbe su settori di punta dell'export tricolore a partire dalla meccanica, dal sistema moda e dall'agroalimentare. (LA STAMPA Finanza)
La notizia riportata su altri media
Risponde al telefono da uno dei padiglioni di BolognaFiere dove è in corso il salone delle macchine agricole Eima, che «sta andando benissimo nonostante i drastici cali di fatturato». (Corriere della Sera)
Circa il 10% dell’export complessivo della Sicilia, che nel primo semestre del 2024 ha pesato per 6,8 miliardi di euro, è infatti diretto verso gli Stati Uniti, nei primi sei me… (La Repubblica)
Durante i comizi che lo hanno portato alla netta vittoria elettorale, d’altronde, il tycoon è stato molto chiaro: ha promesso che applicherà un dazio del 10% su tutte le importazioni americane e del 60% per le merci provenienti dalla Cina. (Milano Finanza)
"Le spinte protezioniste e le politiche dei dazi che Trump ha sempre promosso – ha affermato ieri il candidato governatore per il centrosinistra, commentando la rielezione del 47esimo presidente degli Stati Uniti –, creano non poche preoccupazioni per le nostre eccellenze agroalimentari che vedono negli Stati Uniti uno dei principali mercati di export. (il Resto del Carlino)
Questo significa che per lui tutti gli altri Paesi sono dei competitor, alleati compresi. – Professor Vittorio Emanuele Parsi, che conseguenze comporterà per l’Europa il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca? "Dovrà abituarsi a un presidente Usa che pensa all’America come una grande potenza che ha degli interessi nazionali e non come la nazione leader di una coalizione di democrazie. (QUOTIDIANO NAZIONALE)
Con Kamala Harris l’Europa avrebbe avuto una sensazione di scampato pericolo, ma non sarebbe cambiato molto. Anche lei aveva un'agenda orientata al protezionismo e avrebbe attuato un progressivo disingaggio dalla guerra in Ucraina perché costretta da un congresso diviso», spiega Carlo Altomonte, docente di politica economica dell’Università Bocconi di Milano. (Corriere della Sera)