Scuola, Italia deferita alla Corte Ue: Non ha fermato l’abuso dei contratti a tempo determinato per i docenti

Scuola, Italia deferita alla Corte Ue: Non ha fermato l’abuso dei contratti a tempo determinato per i docenti
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Di Valentina Santarpia, Il Corriere della sera La Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia Ue perché non ha posto fine all’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie. Bruxelles ritiene che l’Italia non disponga delle norme necessarie per vietare la discriminazione in relazione alle condizioni di lavoro e l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato. (Formazione Anicia)

Ne parlano anche altri media

«Non sono stato io a scatenare tutto questo ma è una piacevole coincidenza». Ad agosto scorso ha scritto alla Ue per chiedere quale fosse la ratio alla base della decisione di bandire nuovi concorsi, dato che ci sono almeno 30mila precari idonei, in graduatorie pregresse e in attesa di assunzione. (il manifesto)

Perché? Perché vanno avanti a contratti a tempo determinato, rinnovati di volta in volta. Una violazione (consolidata) delle direttive sul lavoro che invece impongono la stabilizzazione, cioè il posto fisso, dopo tre anni di servizio. (il Giornale)

L’Italia, infatti, non avrebbe rispettato la direttiva 1999/70/CE, che regola l’impiego a tempo determinato, non adottando misure efficaci per contrastare gli abusi legati alla reiterazione di questi contratti e alle condizioni di lavoro discriminatorie. (lentepubblica.it)

Precariato e scelte politiche sbagliate: è giunto il momento di cambiare strada. Se non ora, quando?

Ansa (Avvenire)

“Prendo atto della decisione della Commissione europea che ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea perché si riducano le condizioni per il ricorso dei contratti a termine e affinché i docenti precari abbiano gli stessi scatti di anzianità degli insegnanti di ruolo, in nome di una piena parificazione dei diritti. (Corriere Salentino)

L’UE, in concreto, ha messo sotto accusa la legislazione italiana in quanto non prevede che i supplenti fruiscano di incrementi retributivi analoghi a quelli destinati ai colleghi di ruolo. (ANP)