Il costoso Reddito di cittadinanza: la misura richiede un esborso di altri 5 miliardi
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Reddito di cittadinanza, introdotto nel 2019 dal governo di Giuseppe Conte, ha avuto un impatto significativo sulle casse pubbliche italiane. Con un investimento complessivo di circa 34 miliardi di euro, il sussidio mirava a supportare milioni di famiglie in difficoltà economica e a incentivare l’inserimento nel mercato del lavoro. Tuttavia, i risultati ottenuti non sono stati quelli sperati. Sono state sollevate numerose critiche e discussioni politiche. (Economy Magazine)
Ne parlano anche altre testate
L'impatto sulle casse dello Stato dell'ultima sentenza della Corte Costituzionale si aggira intorno ai tre miliardi di euro. (Secolo d'Italia)
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Il Reddito di cittadinanza, abrogato dal 1° gennaio 2024, non ha natura assistenziale, non essendo diretto “a soddisfare un bisogno primario dell’individuo”: si tratta di una misura di politica attiva per l’occupazione, di carattere temporaneo, soggetta a precisi obblighi e soprattutto a rigide condizionalità che, se disattese, determinano il venir meno del diritto alla prestazione. (Il Fatto Quotidiano)
Deve essere di cinque anni (e non dieci) il termine idoneo a costituire il requisito di pregressa residenza per il diritto a prestazioni non assistenziali. (Pensioni Oggi)
Il buco nero innescato dal Reddito di cittadinanza voluto dal governo di Giuseppe Conte, finito a 2,4 milioni di famiglie e 5,3 milioni di persone e costato 34 miliardi di euro senza rilanciare affatto il mercato del lavoro, è destinato ad allargarsi ancora di più dopo la sentenza della Corte costituzionale che allarga la platea dei beneficiari agli immigrati residenti in Italia da cinque anni (non più da dieci, di cui almeno due consecutivi), anche in ossequio a un pronunciamento della Corte di giustizia europea, scongiurando però al tempo stesso (e per fortuna) il rischio che per avere il Reddito bastasse semplicemente vivere in Italia. (il Giornale)
A maggior ragione ora che gli ermellini hanno definito il "reddito" non come un provvedimento assistenziale, non essendo diretto "a soddisfare un bisogno primario dell’individuo". Abrogata a decorrere dal 1° gennaio 2024, la misura - cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle - continua a produrre i suoi effetti sulle casse dello Stato. (Liberoquotidiano.it)