Agguato a Enzo Anghinelli, la faida della Curva Sud

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INTERNO

Erano le otto del mattino del 12 aprile 2019. Via Cadore, zona Porta Romana. Due uomini in sella a uno scooter Suzuki con la targa clonata affiancarono una Ford Focus nera. Uno dei sicari, entrambi i volti nascosti dal casco integrale, esplose quattro colpi di pistola. Sparò per ammazzare: un proiettile colpì il destinatario dell’agguato in faccia, entrò dallo zigomo sinistro e uscì. La vittima, Enzo Anghinelli, cinquantunenne ex narcos e tifoso milanista, sopravvisse per miracolo.

L’agguato segnò l’inizio di una guerra per il dominio della Curva Sud del Meazza. La faida tra Luca Lucci, leader della curva, e Anghinelli, spalleggiato dai clan, si intensificò. Lucci, deciso a non spartire nulla con nessuno, avrebbe ordinato al suo braccio armato di eliminare un ostacolo non si sa quanto temibile. Il tentato omicidio di Anghinelli, secondo l’accusa, fu il risultato di questo scontro per il controllo della tifoseria.

Cinque anni di morti e violenze seguirono quell’agguato. Il 5 novembre del ’98, Anghinelli era già stato colpito da due colpi al petto, uno dei quali rimase per sempre nel suo corpo. La mattina del 12 aprile 2019, due uomini in scooter gli spararono in faccia in via Cadore, a Porta Romana. Sopravvissuto per miracolo, Anghinelli sfidò la morte per la terza volta.

L’inchiesta «Doppia curva» della Dda mise in fila gli interessi mafiosi intorno al tifo di Inter e Milan. Nel commando che tentò di uccidere Anghinelli ci sarebbe stato Daniele Cataldo, fedelissimo di Lucci.