Guerra Israele, l’ordine di Netanyahu a un anno dalla strage: «Prendiamo Sinwar»

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ilmessaggero.it ESTERI

Il cerchio si stringe attorno a Yahya Sinwar, e potrebbe chiudersi giusto in tempo per il primo anniversario del 7 Ottobre. Non c’è trofeo più prezioso per Netanyahu, da offrire alla pubblica opinione israeliana come segno di vittoria e di vendetta, della cattura o uccisione del leader di Hamas nella Striscia, nella ricorrenza dal pogrom di 1200 israeliani uccisi e oltre 250 ostaggi trascinati a Gaza (ilmessaggero.it)

Se ne è parlato anche su altri media

Secondo l'intelligence israeliana citata da Reuters, Sinwar si nasconderebbe nel dedalo di tunnel sotto Gaza. (WIRED Italia)

Israele ha avuto l'opportunità di eliminare il leader di Hamas, Yahya Sinwar, ma ha deciso di non agire per proteggere gli ostaggi. (Italia Oggi)

Yahya Sinwar ha messo in conto di essere ucciso, è fatalista, non ha alcun interesse a negoziare e spera ancora che scoppi una guerra regionale. Una somma di dettagli rilanciati dal New York Times. Partiamo dall’elemento più importante: il leader di Hamas è vivo o morto? Gli israeliani sono prudenti ma non hanno escluso che possa aver perso la vita sotto i bombardamenti. (Corriere della Sera)

Perché Hamas ha fatto il 7 ottobre: la cinica mossa di Sinwar

Sinwar aveva interrotto i contatti con i mediatori perché riteneva che Israele non fosse interessato a raggiungere un accordo, secondo quanto riportava ieri il sito Channel 12 citando fonti anonime. (il Giornale)

Tanto fumo, certo, ma un po' di arrosto c'è. Il leader del partito-milizia di Gaza, Yahya Sinwar, ha ordinato ai leader del gruppo di riprendere gli attacchi suicidi in Israele, poco dopo aver sostituito Ismail Haniyeh alla guida del politburo islamista. (QuiFinanza)

Perché il 7 Ottobre 2023 ha lanciato 3 mila miliziani delle brigate al Qassam contro i kibbutz del Negev dando loro licenza di ammazzare, bruciare, violentare, rapire. E se mai uscirà vivo dalla tana dove si nasconde da dodici mesi, sarà chiamato dalla Storia a spiegare perché. (la Repubblica)