La Cop29 di Baku si è conclusa con un accordo solo parzialmente incoraggiante
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Bruxelles – Come già accaduto in passato, anche la 29esima edizione della Conferenza delle Nazioni unite sul clima (Cop29) che si è tenuta nella capitale dell’Azerbaigian si è conclusa con un accordo raggiunto alla venticinquessima ora. Che salomonicamente scontenta (quasi) tutti, e sul quale ci sono state feroci recriminazioni tra i delegati delle varie nazioni. Il fondo per la compensazione e per la transizione energetica nei Paesi in via di sviluppo, che costituisce il principale risultato della kermesse targata Onu, è un risultato che secondo molti osservatori appare insufficiente già sulla carta. (EuNews)
Se ne è parlato anche su altri giornali
Delusione dei “paesi poveri” – i più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico prodotto prevalentemente dai “paesi ricchi” – che chiedono “compensazioni” proprio per fronteggiare i danni con una “finanza climatica” sostenibile per evitare la “sconfitta di tutti”. (GLI STATI GENERALI)
COP29, colloqui si concludono con accordo: 300 miliardi di dollari in 10 anni L'impegno delle nazioni ricche nei confronti dei paesi in via di sviluppo (Ottopagine)
La COP rappresenta un momento cruciale per definire politiche globali, stabilire obiettivi di riduzione delle emissioni e mettere in atto strategie per la transizione energetica, la giustizia climatica e l’adattamento ai cambiamenti già in corso. (Meteo Giornale)
A Baku la COP29 sul clima si conclude con un accordo per molti versi analogo a quello della COP28 di Dubai: se la diplomazia del clima dimostra di poter ancora avere un ruolo, il risultato delle trattative si rivela ancora una volta largamente insufficiente rispetto all’allarme lanciato dalla comunità scientifica e all’urgenza di affrontare con determinazione l’emergenza climatica. (EconomiaCircolare.com)
«Oltre le frange estreme del negazionismo e di parte dell’ambientalismo, abbiamo ottenuto un buon compromesso, prevedendo 300 miliardi di aiuti all’anno per le nazioni più fragili». (ilmessaggero.it)
Il documento prevede che il contributo dei Paesi più ricchi provenga dai loro fondi pubblici, integrati da investimenti privati che mobilitano o garantiscono, o da “fonti alternative”, il che significa possibili tasse globali, ancora allo studio. (Il Sole 24 ORE)