Esplosione a Ercolano, indagini sul caporalato e il business dei botti illegali
Articolo Precedente
Articolo Successivo
La tragica esplosione avvenuta in una fabbrica illegale di fuochi d'artificio a Ercolano, che ha causato la morte di tre giovani lavoratori, ha portato alla luce un inquietante scenario di sfruttamento e illegalità. Samuel Tafciù, diciottenne albanese, e le gemelle ventiseienni Sara e Aurora Esposito, sono le vittime di un sistema che, dietro la facciata di un'attività artigianale, nascondeva un vero e proprio business illegale di petardi destinati alle bancarelle di Capodanno.
Le indagini, coordinate dalla Procura e condotte dai carabinieri, si sono subito concentrate sul caporalato e sulle condizioni di lavoro dei giovani impiegati nella fabbrica. Giusy Esposito, sorella maggiore delle gemelle, ha denunciato come le sue sorelle lavorassero da mesi in nero, prima in casa e poi nella fabbrica, sottolineando come non fosse il loro primo giorno di lavoro, contrariamente a quanto inizialmente dichiarato. Le sue parole, cariche di dolore e rabbia, mettono in luce una realtà fatta di bugie e sfruttamento, dove la sicurezza dei lavoratori viene sistematicamente ignorata.
La fabbrica, una vera e propria polveriera illegale, era destinata alla produzione di petardi con etichette accattivanti come "Rambo" e "Cobra", molto richiesti durante le festività di fine anno. Le etichette, pronte per essere incollate sui petardi, rappresentano l'ultimo anello di una filiera produttiva completamente illegale, che sfrutta manodopera a basso costo e senza alcuna tutela.
L'inchiesta, che si allarga sempre più, mira a individuare i responsabili di questo tragico incidente e a smantellare il sistema di sfruttamento che ha portato alla morte di Samuel, Sara e Aurora.