O America, ecco la posta in gioco in queste elezioni
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In queste settimane pre-elettorali, c’è una frase di due parole che continua a venirmi in mente. La frase è il titolo di un libro che ho letto quando ero ventenne, “O America”, di Luigi Barzini (il libro che, by the way, dà il nome a questa rubrica su Atlantico Quotidiano). Queste due parole sono in qualche modo un riassunto conciso ma accurato di ciò che penso e sento riguardo a queste elezioni—e di ciò che è in gioco in queste elezioni. (Nicola Porro)
La notizia riportata su altri media
Sere fa ho visto in tv quel film, Civil war, che la racconta in corso. Narrazione senza spiegazioni, piuttosto la storia di uno sguardo (fotografico: fissare il reale per continuare a interpretarlo). Non si “ragiona” sulle “ragioni” dei contendenti: ne ha scritto su DeA Letizia Paolozzi. (il manifesto)
Chi ha la fortuna e la possibilità di fare uno viaggio negli States, vivrà una strana sensazione di déjà vu: ogni cosa ci sembra già vista, già nota, già vissuta. Degli americani conosciamo tutto, così pensiamo. (LaC news24)
Oggi una manciata di americani in sette stati che costituiscono l… (La Stampa)
La maggioranza degli statunitensi che hanno votato per Trump ritengono che i giorni migliori dell’America siano nel passato (66%), chi ha votato per Harris pensa invece che quei giorni debbano ancora venire (60%). (QUOTIDIANO NAZIONALE)
di Alan Friedman Alan Friedman: "Per Trump il modello è Viktor Orban: per questo ho votato Kamala Harris anche se non la amo" (La Stampa)
Le campagne votano per i Repubblicani per il loro attaccamento a valori conservatori, tradizionali e per la maggiore dipendenza da settori come l’agricoltura e le piccole imprese. Questa spaccatura è antica: le città votano per i Democratici perché sono più diversificate, progressiste e con una maggiore istruzione (più aumenta il titolo di studio, più cresce l’orientamento di voto verso i Democratici). (QUOTIDIANO NAZIONALE)