Manifestazione a Roma, la guerra o i fiori nei cannoni: intreccio di idee distanti nella piazza che ha manifestato per l'Europa
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Grandioso colpo d’occhio su piazza del Popolo, bella piazza piena, belle facce, con tanta gente che non riesce nemmeno ad entrare e resta perciò affacciata dai tornanti del Pincio, a picco sul palco, e sul retropalco (nel backstage ci entreremo tra poco, perché lì c’è un racconto nel racconto).Ma adesso, qui, tra la folla, guardandosi attorno, la domanda iniziale è: per cosa stanno davvero manifestando? Sono tutti pieni di buone intenzioni, come del resto lo era anche Michele Serra, quando dalla sua Amaca di Rep lanciò l’idea di schierarsi, di radunarsi in nome e per amore dell’Europa: solo che da quel giorno sono poi accadute un mucchio di cose, la deflagrazione di Trump, le minacce di Musk, il discusso piano di riarmo previsto da Ursula von der Leyen, e allora la sensazione netta è che questa piazza - sì, certo, plurale e tollerante, inclusiva e democratica - sia in realtà piuttosto girevole, attraversata da una bolgia di idee distanti e spesso in contraddizione sull’Europa e sul suo futuro, una piazza piena di solidarietà e di nemici diversi, tra rabbia e speranza, contro la Nato, dentro la Nato, ignorando quasi del tutto il popolo ucraino e cercando di tenere insieme il seducente europeismo di Ventotene e quello feroce dei mercati, l’Inno alla Gioia e poi pure Bella ciao, il pacifismo ragionevole e il pacifismo ottuso dei tanti (la maggior parte?) venuti sul serio con i fiori da mettere nei cannoni, il solito progetto comodo che possiamo permetterci noi e che i finlandesi e i polacchi faticano invece un po’ a capire, perché quelli i cannoni di Putin ce l’hanno davanti la porta di casa. (Corriere Roma)
Su altre fonti
Il primo porta la scritta «Riarmo sì, anche così» ed è sorretto da un gruppetto di giovani che sventolano bandiere dell’Ucraina e della Georgia. Uno accanto all’altro. (il manifesto)
Finale di fuoco, in piazza dell’Esquilino, per la contromanifestazione antieuropeista della sinistra più sinistra che si conclude col rogo plateale di una bandiera dell’Unione Europea. È il vessillo stellato su sfondo blu il nuovo nemico giurato di questo popolo antagonista (10mila persone secondo gli organizzatori, circa 2mila, più realisticamente, a fine serata) che si riunisce alle 15 dietro lo striscione di Potere al popolo. (Liberoquotidiano.it)
E, non ce ne voglia chi era in piazza, ma il palco conta, perché dà il senso politico della manifestazione. Doveva essere una manifestazione di orgoglio europeo, aperta a tutti. (il Giornale)

E in effetti è perfettamente fondata la citazione del finale di ‘Non chiederci la parola che squadri da ogni lato’, breve componimento del 1923 – pubblicato esattamente cento anni fa in Ossi di seppia – sulla crisi di certezze dell’umanità contemporanea che annusava appena il regime fascista, ma soffriva già la barbarie della grande guerra e percepiva il protagonismo senza indulgenze delle masse popolari: il Novecento insomma. (QUOTIDIANO NAZIONALE)
Commenti e reazioni alla manifestazione in piazza del Popolo organizzata da Michele Serra del quotidiano Repubblica. I Graffi di Damato Trentamila, hanno cominciato a contare registi, ammiratori e simili vedendo la piazza romana del Popolo riempirsi per l’Europa, la pace eccetera e consolandosi per la pioggia dicendo della piazza come del matrimonio, fortunato quando è bagnato. (Start Magazine)
Ci sono intellettuali di destra capaci di riempire le piazze e replicare l'«effetto Serra»? L'«effetto Serra» riempie le piazze e colma i cuori di buoni sentimenti europeisti. Questa la prima considerazione che viene spontanea il giorno dopo l'evento di piazza del Popolo a Roma (il Giornale)