La caduta di Assad e il fallimento di Putin
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Min lettura Il 30 settembre 2015 una notizia straordinaria viene annunciata a Mosca, immediatamente pubblicata dalle agenzie ufficiali di stampa, per poi poco dopo esser trasmessa in televisione, a reti unificate: il presidente Vladimir Putin ha convocato una seduta straordinaria della Camera alta del paese, il Consiglio della Federazione, per ottenere l’autorizzazione a impiegare le forze armate in Siria, dopo la richiesta venuta da Bashar al-Assad (Valigia Blu)
Ne parlano anche altre fonti
Reuters (Avvenire)
Chiunque abbia seguito da vicino le vicende siriane dal 2011 sa che il desiderio di cambiamento è stato espresso da una parte importante della società, sia pur in modi e con obiettivi diversi. La principale e più grande è l’Amministrazione autonoma del nord-est (DAA): benché costruita a partire dal Rojava e dalla resistenza di Kobane è erroneamente identificata con “i curdi” quando è espressione di forze arabe democratiche e delle sole forze progressiste e socialiste tra i curdi (che non sono le uniche). (Il Fatto Quotidiano)
Munif Mulhem è un compagno della Quarta Internazionale che vive a Damasco. Militante del Partito d’Azione Comunista della Siria, è stato imprigionato per 17 anni nella terribile prigione di Palmira. (Brescia Anticapitalista)
L’articolo de La Stampa parla espressamente di balli e di gioia e allude al fatto che i siriani festeggiano con grande gaudio la vittoria sul regime di Assad. (Radio Radio)
Ora che il clamore si sta finalmente smorzando sulla crisi siriana, proviamo a tornare brevemente sulla sua clamorosa conclusione, e vediamo se questa può insegnarci qualcosa di utile per comprendere meglio la situazione in Ucraina, e in particolare su come questa potrebbe evolvere in un futuro più o meno prossimo. (Nuovo Giornale Nazionale)
Davvero c’è da disperarsi per la Siria? Intanto, bisognerà iniziare a rallegrarsi, visto che geostrategicamente a perdere il loro alleato più prezioso in Medio Oriente sono stati proprio i nemici giurati dell’Occidente, Russia e Iran, che avevano tenuto in piedi con la forza delle loro armi e dei mujahidin del popolo iraniani un regime corrotto e sanguinario, pur di avere un porto (Tartus) sul Mediterraneo per quanto riguarda Mosca; o di assicurarsi l’assoluta complicità del regime di Bashar al-Assad, da parte iraniana, per far arrivare tonnellate di armi e missili ai propri proxy libanesi e palestinesi. (L'Opinione)