Il ministro della Giustizia Carlo Nordio replica all’Anm: «Non ci sono toghe sgradite»
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L'Associazione nazionale magistrati (Anm) denuncia attacchi mirati ad assoggettare i giudici alla politica ma per il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, non è così: «No - dice al “Corriere della Sera” -. E non capisco da dove traggano questa convinzione. Mi attendo argomentazioni logiche, non slogan folcloristici». Temono che screditarli prepari il terreno per sottomettere alla politica il controllo di legalità. (Il Dubbio)
Ne parlano anche altri giornali
Un giudice non dev'essere solo imparziale ma lo deve anche apparire, questa è la lezione che Nordio ha ricordato ai magistrati italiani: "Più parla e più si espone al rischio di vulnerare questa sua apparenza" (il Giornale)
Il Comitato direttivo centrale del sindacato delle toghe auspica il rispetto del principio della separazione dei poteri (AGI - Agenzia Italia)
Il documento dell'Anm, esordisce il direttore editoriale di Libero, "critica quelle che considera le ingerenze da parte della politica, il mondo al contrario avrebbe detto quel tale, visto che l'ingerenza in realtà la mettono in campo proprio i magistrati lasciando nero su bianco la loro contrarietà all'ipotesi di riforma della separazione delle carriere". (Liberoquotidiano.it)
«Nell'ultimo periodo abbiamo assistito da parte di una certa politica ad attacchi sempre più frequenti a provvedimenti resi da magistrati italiani nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali, criticati non per il loro contenuto tecnico-giuridico, ma perché sgraditi all'indirizzo politico della maggioranza governativa». (Corriere della Sera)
"È evidente che si vorrebbero dei magistrati allineati a quelle che in qualche modo sono le indicazioni della politica. Così il segretario generale Salvatore Casciaro dell'Anm ad Agorà su Rai 3. (La Gazzetta del Mezzogiorno)
L'Anm bacchetta la stampa cui vorrebbe insegnare i rudimenti di etica per un presunto «linciaggio mediatico» cui sarebbero sottoposte le toghe al centro delle sentenze svuota Cpr in Albania e in Italia, un metodo «cui certa politica e un certo giornalismo (quale? ndr) si è prestato» per colpire «i giudici e la loro naturale tensione a decidere liberi dalle proprie convinzioni e passioni: scrutare la vita delle persone, riportando le loro vicende intime, del tutto prive di rilevanza pubblica, è condotta non in linea con l'etica giornalistica». (il Giornale)