Prandini contro gli accordi bilaterali: "Meglio tassare Amazon che le Harley-Davidson"

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INTERNO

Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, non usa mezzi termini quando si parla di dazi e rapporti commerciali con gli Stati Uniti. Classe 1972, originario di Leno, in provincia di Brescia, Prandini – figlio di Giovanni, ex ministro democristiano – ha ereditato la passione per la politica e l’agricoltura, settore in cui opera direttamente come produttore di vino e allevatore di bovini da latte. Oggi, alla guida di un’organizzazione che rappresenta 1,6 milioni di associati, la sua voce pesa quanto quella di un ministro.

Di fronte alla minaccia di nuovi dazi sul made in Italy annunciati da Donald Trump, Prandini non nasconde preoccupazioni, ma punta il dito contro una strategia che definisce miope. «Gli accordi bilaterali non sono la soluzione», afferma, sottolineando come l’Europa dovrebbe evitare trattative a compartimenti stagni. La sua proposta? Colpire le multinazionali come Amazon anziché innalzare barriere su prodotti simbolo come le Harley-Davidson, che rischiano di innescare ritorsioni dannose per le piccole e medie imprese italiane.

Intanto, la data del 2 aprile – ribattezzata da Trump "giorno della liberazione nazionale" – si avvicina, e con essa l’incertezza su quali settori verranno colpiti e con quale intensità. Le aziende, soprattutto quelle legate all’export, stanno già reagendo: c’è chi accelera le spedizioni per evitare il peggio e chi, come quelle del Fermano, monitora la situazione con cautela, consapevole che sisma, pandemia e guerra in Ucraina hanno già messo a dura prova il sistema produttivo.

Sul fronte politico, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida invita a una risposta unitaria dell’Unione Europea. «Serve una politica comune tra alleati», dichiara, evitando toni allarmistici ma ricordando che per un paese esportatore come l’Italia i dazi sono sempre una minaccia, a meno che non servano a correggere squilibri di mercato.